mercoledì 29 dicembre 2010

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Nell'anno di grazia 1991 qui geniacci dei Bitmap Brothers (di cui ho già recensito Xenon II: Megablast) rilasciano per PC (ma anche per Amiga, Atari ST e le varie console a 16-bit) uno dei miei giochi preferiti in assoluto. Come avrete capito dal titolo, sto ovviamente parlando di Gods a mio avviso uno dei migliori platform/adventure di sempre. Nel microcosmo PC penso che di aver riprovato le stesse emozioni solo due anni dopo con l'arrivo del grandissimo Flashback, titolo che ritengo detenga tutt'oggi la palma di miglior gioco di questa categoria (se non siete d'accordo i commenti sono la vostra disposizione). Ma, com'è giusto che sia, partiamo dall'inizio ...



Nella Grecia antica un giovane e nerboruto guerriero decide di affrontare la millenaria sfida degli dei: attraversare la città perduta e salire al monte Olimpo per conquistare l'immortalità.

Per ricevere il dono della vita eterna, l'eroe è chiamato ad attraversare i quattro quartieri  che compongono l'incantata cittade affrontando le orde di letali creature poste dagli dei a guardia delle antiche mura. Al termine di ogni zona, l'eroe incontrerà un guardiano che dovrà essere abbattuto per guadagnare l'accesso al livello successivo. Completata la sua missione, il novello Ercole, assurgerà al rango di dio e prenderà, come pari, il suo posto sulla nebbiosa vetta del monte sacro.
Quella che vi ho brevemente raccontato è la trama su cui si regge la prima esperienza dei Bitmap Brothers nel mondo dei platform e, per quanto mi riguarda, si tratta di un esordio con il botto visti i numeri tocchi di classe di cui il titolo fa bella mostra.
La prima cosa che salta all'occhio è la bellissima grafica, finemente ornata della tinte scure e metalliche che tanto piacciono al gruppo di programmatori inglesi. Se già con Xenon II e Speedball avevano deliziato le nostre pupille, con questo titolo ci dimostrano ancora una volta la loro abilità nel disegnare mondi e personaggi dal look accattivante. L'unica critica che mi sento di muovere al comparto grafico è il non pieno supporto dei 256 della VGA; il gioco è stato portato a più pari dalla versione Amiga/ST e quindi i colori su schermo non saranno più di 32. In ogni caso poco male visto che, non mi stancherò mai di dirlo, in fondo non è la grafica a fare un grande gioco ma è la sua capacità di tenere i giocatori incollati allo schermo (certo che però un po' di soddisfazione nei confronti degli amati/odiati amighisti i Bitmap me la potevano anche dare, dopo lo smacco del parallasse di Xenon II un minimo di rivalsa ... insomma!!!). Il secondo senso ad uscire appagato dall'esperienza di gioco è l'udito grazie alla mitica colonna sonora introduttiva (Into the wonderfull ... Into the wonderfull) e ai potenti e scoppiettanti effetti sonori che accompagnano il deflagrare dei nostri avversari.
Non so se si tratta di una scelta o di una necessità, visti gli evidenti limiti di memoria dei sistemi concorrenti (oggi c'ho il dente avvelenato), ma manca completamente l'accompagnamento musicale durante il gioco. Al di là del dubbio esistenziale, sostengo senza remore la decisione degli sviluppatori visto il senso di immersione che da l'udire i passi del protagonista, il lento macinare degli spunzoni ed il sordo boato che annuncia l'arrivo di una pattuglia di nemici (per buona pace di tutti gli amighisti frustrati, ammetto fin da ora la superiorità dell'audio prodotto dal chip Paula che, ancora una volta, le suona di santa ragione alla Sound Blaster).
Bene, se quello che vi ho fin qui raccontato ha scatenato la vostra voglia di andare a provare questo gioco, vi invito a resistere ancora un attimo per analizzare insieme il vero punto di forza di questo titolo: la giocabilità ... su abbiate ancora un po' di pazienza :o)

 
Due immagini in-game del primo e del quarto livello

Dal punto di vista del gameplay, Gods amalgama con maestria diversi generi videoludici per donarci quel giusto mix di esplorazione, combattimento e puzzle-solving che lo rendono irresistibile.
Gods è prima di tutto un platform esplorativo. Preparatevi quindi a perlustrare (in orizzontale e verticale) enormi livelli ricchi di piattaforme, scale, elementi mobili e chi più ne ha più ne metta. Scopo della vostra esplorazione, oltre a giungere alla fine del livello, raccattare gli immensi tesori lasciati da da Zeus e compari per attirare gli aspiranti dei oltre le porte della città perduta. I tesori si presentano sotto forma di diamanti, gemme (di colore diverso in base al punteggio), monete, maschere d'oro, ecc. Non mancano ovviamente svariati bonus che contribuiranno a rendere un po' più agevole la vostra missione.
In seconda battuta Gods è un gioco di combattimento. A differenza degli altri platform, in cui i nemici sembrano avanzare nella vostra direzione senza criterio, il titolo dei Bitmap Brothers fa sfoggio di un'ottima intelligenza artificiale che permette ai nemici di adattarsi al vostro armamento ed al vostro stile di combattimento rendendo ogni scontro una vera e propria battaglia. Nelle fasi iniziali i gaglioffi sono abbastanza "stupidini" ma con il passare dei livelli diventano sempre più ostici da abbattere.


 
Il drago ed il Minotauro che stanno a guardia rispettivamente del secondo e del terzo livello

Per chiudere in bellezza, il titolo propone moltissimi puzzle a base di leve, bottoni e oggetto da raccogliere (come i vasi del primo livello). La maggior parte delle volte la risoluzione dei puzzle non è necessaria per completare il livello, ma con un po' d'impegno sarà possibile scovare scorciatoie, raccogliere tesori altrimenti irraggiungibili e via discorrendo. A completamento della componente "spacca meningi" abbiamo la gestione dell'inventario che ci permette di trasportare al massimo quattro oggetti. Proprio questo limite rende necessario pianificare con attenzione quali oggetti trasportare e quali eventualmente lasciare a terra per recuperarli in seguito.

 
Giochicchiando con questa leva (img. sx.) e con la precedente che incontrerete all'inizio del primo livello potrete accedere alla scorciatoia (la gemma grigio scuro è in realtà un teletrasporto)

Come ho già accennato in precedenza, il gioco è disseminato di bonus che permettono di aumentare la potenza di fuoco, recuperare parte dell'energia persa ed incrementare la pecunia. L'accumulo di denari riveste una particolare importanza in quanto, di tanto in tanto, nello scorrere nell'avventura avrete l'occasione di incontrare un simpatico piazzista ben disposto a cedervi le sue mercanzie in cambio di parte delle vostre fortune. Essendo Gods fortemente basato sugli scontri, vi invito fin da ora a cercare di recuperare la maggior quantità di tesori possibile in modo da potervi attrezzare a dovere pena la prematura fine della partita.

 
Il lento incedere del mercante fa da preludio alle vostre visite nella sua bottega

L'armamento a disposizione dell'eroe elmato è costituito unicamente da armi da lancio: si parte con con i pugnali, che in seguito potranno essere sostituiti da stelle da lancio, mazze ferrate (che possono attraversare i muri), lance e  scuri. A queste possono essere affiancati, come potenziamenti, delle piccole fireball, delle asce magiche e delle utilissime bombe ad inseguimento. Se aggiungiamo ancora ordigni che distruggono tutti nemici sullo schermo ed un simpatico familio che ci segue svolazzando dandoci una mano, appare evidente come ci siano tutti gli elementi per seminare distruzione a iosa.

La longevità è assicurata dai quattro livelli (la cittadella, il tempio, il labirinto ed il regno sotterraneo) ognuno di essi a sua volta suddiviso in tre mondi. Le dodici missioni risultanti potrebbero sembrare poche ma vi assicuro che, l'ampiezza dei livelli, la tenacia dei nemici e la massiccia dose di esplorazione necessaria a carpire ogni segreto del gioco, vi terranno impegnati per parecchio tempo. Il gioco non permette di salvare i progressi ma fornisce un comodo sistema di password che vi permetterà di ricominciare dall'ultimo livello completato con successo. Purtroppo l'armamento di partenza, comunque commisurato al livello da cui inizierete, è quello scelto dai programmatori e quindi potrebbe non essere adatto al vostro stile di gioco (io personalmente non mi ci sono mai ritrovato e quindi ho sempre ripreso dal primo livello). Simpatico il finale in cui, dopo aver abbattuto l'ultimo boss, potremo recuperare un sacco di vite extra (l'immortalità??) con cui riprendere a giocare in allegria armati di tutto punto.

Bene, siamo giunti alla fine di questa chilometrica recensione che lascio come mio personale tributo ad uno dei migliori titoli che mi sia capitato di giocare nella mia lunga carriera di videogamer. Se siete degli amighisti probabilmente faticherete a capire la mia esaltazione, ma se analiziamo il gioco nel panorama non proprio florido dei platform per PC ... beh ... il titolo è da classificare come c-a-p-o-l-a-v-o-r-o!!! :o)

Sperando di non essermi scordato di nulla vi lascio con l'ormai classico filmanto in cui per una volta non sfiguro: il livello della cittadella completato con diversi segreti svelati ... non male per essere un titolo che non prendevo in mano da quasi due decadi :o)



PS
Con questo articolo, che ho volutamente tenuto da parte per la fine dell'anno (la classica recensione con il botto!!!), si chiude la prima annata di PC Retro Games ... 66 post, 27 video (iscrivetevi al mio canale su YouTube)  e quasi 3800 visite credo siano un risultato più che dignitoso per un blog nato quasi per caso. Un grazie a tutti voi e un sincero augurio di buon anno ... ci sentiamo più vecchi :o)

sabato 25 dicembre 2010

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Con quest'immagine dedicata al una delle eroine più sexy del modo dei videogame (chi di non ha sognato di fronte alle sue "curve" poligonali), porgo a tutti i miei lettori e a coloro che avranno l'occasione di passare da questa parti un sincero augurio di Buon Natale. Quest'anno mi è andata male, speriamo che il prossimo anno, Babbo Natale si ricordi di portarmi l'Amiga 1200 che gli chiedo da anni ...

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Dopo un po' di articoli leggeri dedicati ai videogiochi, è giunto il momento di tornare a parlare un po' di hardware andando ad analizzare la seconda generazione di processori della famiglia x86. Quindi bando alle ciance e proseguiamo la nostra cavalcata in sella al cuore pulsante dei nostri amati PC ...

80186

All'inizio del 1982 la famiglia x86 di Intel si arricchisce di un nuovo microprocessore, il misconosciuto 80186 che, nonostante alcune interessanti innovazioni, fu relegato ben presto al solo mercato dei microcontrollori (processori single-chip generalmente utilizzati all'interno di sistemi embedded per applicazioni specifiche di controllo digitale).

L'80186 comodamente ospitato suo case PLCC a 68-pin


La nuova CPU Intel deriva direttamente dall'8086 da cui eredita il bus dati a 16 bit ed il bus indirizzi a 20 che gli permettono di accedere ad 1MB di memoria con lo stesso arzigogolato meccanismo già descritto per il capostipite dell'architettura x86. Le prime versioni dell'80186 commercializzate, in grado di operare alla frequenza di 6MHz, risultavano decisamente più performanti delle CPU di generazione precedente di pari frequenza, grazie alle numerose istruzioni codificate in hardware (calcolo degli indirizzi, operazioni di moltiplicazione e divisione, ecc).
Per ridurre il numero di chip esterni al processore, l'80186 integra al suo interno parte della logica necessaria al funzionamento, come illustrato nel seguente diagramma.



Il diagramma blocchi dell'architettura 80186 (click per ingrandire)

Come potete notare alcuni componenti come il generatore di clock, il controllore DMA ed il controllore delle interruzioni sono presenti direttamente all'interno del chip. Questa scelta favorì l'utilizzo dell'80186 come microcontrollore (essendo pratica in grado di funzionare con pochi elementi esterni) ma ne penalizzò l'uso all'interno dei personal computer, vista la sostanziale incompatibilità con l'architettura IBM PC costruita intorno all'8086. Nonostante questo "difetto" il nuovo processore Intel trovò spazio all'interno di alcuni sistemi entrati a loro modo nella storia; uno fra tutti il Tandy 2000, elaboratore commercializzato dalla catena di elettronica americana Radio Shack all'inizio del 1983, che grazie alla sua innovativa scheda grafica era in grado di fornire prestazioni di tutto rispetto per quei giorni.


Un giovanissimo Bill Gates posa accanto al Tandy 2000 con la primissima versione di Windows

Prima di passare oltre segnalo per dovere di cronaca l'80188, versione economica dell'80816 con bus dati a 8-bit.

80286

Il primo febbraio 1982 arriva sul mercato il nuovo processore di mamma Intel destinato a soppiantare l'ormai vetusto 8086 (datato 1978) nel sempre più effervescente mercato IBM PC. L'80286 condivide le stesse innovazioni architetturali del fratello minore che gli permettano di esibire prestazioni anche venti volte maggiori di un 8086 operante alla stessa frequenza di clock. Non vengono però riproposte le caratteristiche che resero l'80186 più simile ad un microcontrollore che ad un processore vero e proprio permettendo così ad IBM di definire la seconda generazione della sua architettura personal computer, denominata PC AT (Advance Technology) che venne commercializzata dal 1984 al 1987.



L'80286 in tutto il suo splendore

Tra le novità più interessanti abbiamo l'ampliamento del bus indirizzi che passa da 20 a 24 bit che permette al processore di indirizzare ben 16MB di memoria, una quantità decisamente considerevole per l'inizio degli anni '80. Lo spazio completo di indirizzamento non è però disponibile nella modalità reale, modalità ereditata direttamente dall'8086 che prevede indirizzi su 20 bit (accessibile tramite la tecnica della segmentazione di cui vi ho già parlato) ed conseguente tetto di 1MB, ma solamente nella nuova modalità protetta di cui vi parlerò tra poco. La modalità protetta, oltre a permettere l'accesso ad un maggior quantitativo di memoria, fornisce, a livello hardware, il supporto al multithreading caratteristica che favorì il diffondersi dei sistemi operativi unix like (come Venix, SCO Xenix) anche sulle piattaforme del duo IBM/Intel. A questo punto, il buon vecchio MS-DOS inizia a mostrare il fianco essendo in grado di operare unicamente in modalità reale e rigorosamente monothread. Nulla vieta ai programma MS-DOS di operare in modalità protetta a patto che sia installato un opportuno Dos Extender che colma le lacune di base del sistema operativo. Uno dei maggiori difetti dell'80286 fu l'impossibilità di "rientrare" dalla modalità protetta senza il riavvio, caratteristica che rese di fatto questa modalità poco sfruttata, almeno in ambito MS-DOS (discorso differente per i sistemi operativi che agivano completamente in modalità protetta, come unix, in cui questa limitazione di fatto sparisce) ... decisamente un smacco per gli amanti dei videogame che da questo avrebbero tratto molteplici vantaggi!

L'indirizzamento delle memoria nella modalità protetta

Come vi ho già accennato la modalità protetta permette alla CPU di accedere completamente ai 16 MB indirizzabili dal 286. Non si tratta però di una modalità di indirizzamento lineare (come quella adottata da alcuni concorrenti, leggi Motorola 68000) ma si passa dalla gestione a segmenti dell'8086 a quella a selettori. Andiamo a vedere di cosa si tratta evitando di scendere troppo nei tecnicismi pur cercando di essere il più esaurienti possibile ..

La prima cosa che balza all'occhio, come già era successo per l'8086, è che l'ampiezza del bus degli indirizzi è superiore a quella dei registri (che sono ovviamente a 16-bit), questo implica che anche in questo caso l'indirizzo "finale" sarà determinato dalla combinazione di due valori che definiscono uno la posizione base e l'altro il suo scostamento (offset) rispetto a quest'ultimo. Mentre nell'8086 l'operazione era decisamente semplice, si sommava il valore di uno dei registri di base moltiplicato per 16 (shift di 4 posizione verso sinistra) con il contenuto del corrispondente registro indice (con "l'imbarazzante" risultato che coppie di valori differenti generavano lo stesso indirizzo fisico), in questo le cose si complicano un pò soprattutto per via della possibilità di eseguire più thread contemporaneamente (beh ... non proprio contemporaneamente ma dedicando un po' di tempo all'esecuzione di ognuno dando la "sensazione" di concorrenza) che devono vivere "pensando" di avere tutte le risorse a loro disposizione.

    Nella modalità protetta i registri di segmento diventano dei selettori la cui struttura è rappresentata nella figura seguente:

    Il selettore

    I primi due bit (RPL, Requested Privilege Level) definiscono il livello di privilegio (tra i quattro disponibili) del selettore permettendo in questo modo di "proteggere" le porzioni di codice più importanti, come ad esempio il sistema operativo, da malevole "interferenze" (ad esempio dei programmi utente). Il terzo bit (TI, Table Indicator) indica a quale insieme appartiene il selettore: locale all'applicazione (LDT, Local Descriptor Table) o globale al sistema (GDT, Global Descriptor Table). I restanti 13 bit definiscono l'indice dell'elemento nella tabella dei descrittori (avremo quindi 8192 descrittori locali e altrettanti globali).
    A questo punto avrete capito che il nome selettore deriva dal fatto che tale valore viene utilizzato per selezionare un elemento all'interno delle tabelle dei descrittori, che sono il vero punto di partenza per il calcolo dell'indirizzo.

    I descrittori sono speciali strutture di memoria (grandi 8 byte, 64 bit) che descrivono un segmento. La loro struttura è la seguente (su ogni "linea" sono rappresentati 2 byte)

    Struttura di un descrittore di segmento
    • 2 byte (16 bit) quantità di byte a disposizione del segmento (LIMIT)
    • 3 byte (24 bit) di indirizzo di base del segmento (BASE)
    • 1 byte contente gli indicatori (flag) di controllo
    • 2 byte riservati per future estensione (già si pensava al 32 bit della futura generazione di processori)


     I flag di controllo del descrittore di segmento


    I flag di controllo sono i seguenti:
    •  A: Accessed, vale 1 se è stato effettuato accesso al segmento
    • TYPE: definisce il tipo di segmento (codice, dati, stack, ecc)
    • 1: Questo bit vale sempre uno per i descrittori di segmento (esistono altri tipi di descrittori ma li tralascio per non "sovraccaricarvi" troppo)
    • DPL: Descriptor Privilege Level, livello di privilegio richiesto per accedere al segmento
    • P: Present, vale 1 se il segmento è presente nella memoria fisica

    Per chiudere il cerchio ed effettuare la "procedura" di indirizzamento è necessario introdurre due nuovi registri GDTR (GDT Register) e LDTR (LDT Register) che contengono rispettivamente l'indirizzo della locazione di memoria in cui inizia la Global Descriptor Table e la Local Descriptor Table. La GDT è una ed è controllata, in genere, dal sistema operativo. Di LDT ne esistono più d'una in quanto sono, in genere, associate ad ogni singola applicazione in esecuzione (i puntatori alle varie LDT sono memorizzati nella GDT in speciali descrittori su cui non indugerò oltre, vi basti sapere che il valore viene caricato alla necessità all'interno del registro LDTR).
     Alla luce di quanto detto, il meccanismo per il passaggio dall'indirizzo logico (selettore:offset, registro selettore:registro indice) è illustrato dal seguente diagramma

    Passaggio da indirizzo logico a indirizzo fisico

    • Tramite il bit TI del selettore si seleziona su quale tabella dei descrittori andare a operare
    • Tramite i registri GDTR e LDTR viene selezionato l'inizio della tabella dei descrittori da utilizzare; il valore in esso contenuto viene sommato alla componente Index del selettore moltiplicata per 8 (dimensione in byte del descrittore)
    • L'indirizzo così ottenuto viene utilizzato per accedere al descrittore del segmento
    • Si controlla se l'applicazione dispone dei privilegi necessari ad accedere al segmento di memoria (confronto tra RPL e DPL). In caso contrario viene scatenata un'eccezione che blocca l'esecuzione del programma
    • Si controlla l'offset contenuto nel registro indice con il valore LIMIT del descrittore; se l'offset supera la dimensione del segmento viene generata un'eccezione che blocca l'esecuzione del programma
    • Si somma il valore BASE del descrittore con l'offset ottenendo così l'accesso alla memoria fisica
     La procedura può sembrare un po' complessa, ma l'eccellente implementazione in hardware di tale algoritmo, da parte dei progettisti Intel, fa si che possa essere eseguita in modo efficiente.

    Call-Gate

    Le "meraviglie" della modalità protetta non finiscono qui, vengono infatti introdotti i famigerati gate (letteralmente, cancello) che permettono di accedere a funzioni aventi un livello di privilegio maggiore. L'esempio più classico sono le call-gate che permettono alle applicazioni, che generalmente operano al livello di privilegio più basso, di fare chiamate a routine del sistema operativo (che operano a livello più di privilegio maggiore).


    Tramite il meccanismo dei gate tutto questo viene reso possibile. Oltre alle chiamate alla funzioni del sistema operativo (quelle che in seguito si chiameranno API), vengono introdotte le interruput-gate, per l'esecuzione delle routine di interruzione, e le task-gate che si occupano di eseguire il task-switching ossia il passaggio da un thread ad un altro per dare l'impressione di concorrenza tra più processi.

    Conclusioni

    Bene siamo quindi giunti al termine di questa articolo che, nonostante la sua inevitabile complessità, ci ha permesso di conoscere un po' meglio la seconda generazione dei processori Intel. Prima di chiudere vi invito a ragionare con me sulle seguenti considerazioni.

    L'80286 permette di accedere a 2^14 = 16382 (suddivisi equamente tra globali e locali) diversi segmenti tramite i campi Index e TI del selettore. Ogni descrittore permette l'accesso ad un segmento di 64KB (2^16). Facendo due conti si ottiene che il 286 è in grado di indirizzare virtualmente 2^14 (# segmenti) * 2^16 (ampiezza segmento) = 1GB di memoria (suddivisi equamente tra applicazioni e sistema operativo). Com'è possibile "mappare" 1GB di memoria su solo 16MB? Niente di più semplice, i segmenti non utilizzati vengono memorizzati sul disco e ricaricati quanto necessari all'elaborazione. I bit P (Presence) e A (Accessed) servono proprio a questo scopo: P dice al processore se il segmento è presente in memoria deve essere caricato sul disco, A dice al processore se il segmento è stato modificato e quindi se, in caso di necessità, deve essere scritto sul disco (se non è modificato ed è già sul disco tale operazione è inutile). Questi meccanismi, e altri che ho volutamente trascurato per non tediarvi troppo, fanno si che ogni thread abbia l'impressione di avere tutta la macchina a sua disposizione benché così non sia.

    Con il 286 inizia anche ad apparire la cache (ancora molto limita), che nel caso specifico viene utilizzata per mantenere gli indirizzi dei descrittori attivi per far si che il processore possa accedervi direttamente senza eseguire tutte le operazioni che vi ho descritto precedentemente.

    Insomma, comunque la si pensi l'80286 è stato un netto passo in avanti rispetto al suo diretto predecessore. Alcuni difetti strutturali (il "non ritorno" dalla modalità protetta, la lentezza dei gate) ne minarono il successo ma è indispensabile conoscerlo perché aprì la strada al 80386 che pochi anni dopo avrebbe contribuito a sancire il dominio dei processori Intel sulla concorrenza.

    Tutto ciò che vi ho raccontato non ha nessuna rilevanza per i giocatori o i programmatori (almeno di non lavorare a livello di kernel) ma trovo che sia interessante conoscere un po' meglio, senza scendere eccessivamente nel dettaglio, il funzionamento di quell'ammasso di silicio che permette a tutti noi di usare un personal computer. Alla prossima ....

    L'Olivetti M28, il primo personal computer della casa eporediese basato sull'80286 (1986)

    domenica 19 dicembre 2010

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    Alcuni giorni fa, leggendo la recensione di Chuck Rock sul blog dell'amico WOPR, mi è tornato alla mente Preihistorik titolo di ambientazione preistorica (ma dai!!!) rilasciato dalla francese Titus Interactive nel 1991, per Amiga, Atari ST, Amstrad CPC e ovviamente PC/MS-DOS.
    Sebbene il titolo Titus non abbia goduto degli stessi clamori riservati alle avventure di "Carletto Roccia", si tratta a mio avviso di un buon gioco che merita di essere rispolverato, se non altro per il sano divertimento che sa regalare. Detto questo, andiamo ad iniziare...


    Il gioco inizia con il protagonista, un simpatico cavernicolo, immerso in sonno profondo costellato da sogni di natura alimentare. Destatosi, il troglodita, si rende conto di avere una fame pazzesca che lo spingerà, armato della sola sua clava, ad affrontare i quattro livelli che compongono il gioco, in cerca di ogni bendidio. Iniziano così le nostre peripezie che ci porteranno ad attraversa il mondo delle caverne, di ghiaccio, della foresta e di lava con l'unico intento placare il viscerale bisogno di cibo del protagonista. Lungo il percorso, grotte da esplorare, in cui trovare manicaretti belli e pronti, e animaletti da bastonare e trasformare in altrettante leccornie. Scopo del perigrinare, oltre a raggiungere la fine del livello, quello di colmare l'indicatore di sazietà che campeggia nell'alto della barra di stato insieme al numero di vite residue, la barra dell'energia e il tempo rimanente per raggiungere l'uscita. Al termine di ogni mondo, saremo invitati ad affrontare il classico boss (tirannosaruro rex, triceratopo e pterodattilo) che custodisce l'accesso a quello successivo.
    Lungo il percorso potremo raccogliere alcuni bonus come l'ascia di pietra, che abbatte un nemico con sol colpo, il talismano che dona una vita extra, l'orologio che regala un po' di tempo in più per arrivare alla fine del livello, la molla che accresce l'altezza del salto e la bomba che annichilisce tutti animaletti presenti sulla schermata. Tali bonus, potrenno essere raccattati esplorando le grotte disseminate per i livelli o perquotendo con la vostra arma lo sciamano che appare di tanto in tanto (sempre nelle stesse posizioni). Per arricchire il gameplay all'interno di ogni livello saremo chiamati ad affrontare alcune schermata a bordo di improbabili mezzi di locomozione come i palloncini nel primo livello o il deltaplano preistorico nel secondo. In questa fasi non avremo possibilità di offendere ma dovremmo limitarci a evitare i nemici che cercano di sbarrarci la strada.

     
    Un'immagine del primo livello ed il relativo boss, il temibile T-Rex dalle unghie incarnite

    Graficamente il gioco si presenta molto bene, grazie al buon uso dei colori della VGA ed agli sprite simpatici e ben animati. Unico appunto, il passaggio tra una schermata e la successiva, non fluido grazie allo scorrimento progressivo (scrolling) ma a "scatti" ogni qual volta il protagnista giunge ai margini dello schermo. Anche il sonoro non è malaccio visti i quattro diversi brani che ci accompagnano negli altrettanti livelli; mitico, nel ring in cui affronteremo i diversi boss, accompagnamento evidendemente ispirato al colonna sonora dei film di Rocky Balboa. A dire il vero, vista la lunghezza dei livelli, un singolo motivo nel complesso ripetivo viene presto a noia ma in fondo non si può avere tutto :o)
    Gli effetti sonori benchè buoni, tendono un po' a "perdersi" tra le note dei brani di accompagnamento; la qualità non è tale da deprimere il vostro apparato uditivo ma, dalla ormai mitica Sound Blaster, è lecito aspettarsi qualcosa di più!
    Il gameplay è quello classico del genere platform con grandi livelli da esplorare e nemici da mazzulare in allegria anche se, alcuni sono così carini, vedi i pinguini del secondo livello, che a volte dispiace quasi prenderli a clavate sul capoccione. Personalmente, non ho apprezzato molto la necessità di eseguire salti pixel-perfect dovuti alla coicidenza tra gli ostacoli che saremo chiamata a superare e l'altezza/apiezza dei balzi che saremo in grado di compiere (meno male che c'è il mitico mollone!!!).

    Per il resto non c'è molto da aggiungere se non la critica ai soli quattro livelli a disposizione che, benchè lunghi e irti di difficoltà, si completano con una certa facilità; sembra quasi che i programmatori abbiamo inserito alcune difficoltà come l'esiguo tempo a disposizione, i salti millimetrici e la scarsa gittata della nostra arma (in fondo si tratta sempre di scontri all'arma bianca) proprio per aumentare un po' la longevità del titolo.

     
    A bordo del deltaplano nel secondo livello e l'inzio del mondo lavico che porterà alla fine della nostra avventura

    Insomma, Prehistorik non è certo un capolavoro ma, in ogni caso è uno di quei titoli, che una volta iniziati si fatica a mollare fine alla conclusione. Il gameplay non è il massimo della verietà ma è comunque apprezzabile e non mancherà di regalarci spunti simpatici e divertenti ... ci troviamo di fronte ad un buon gioco che, pur senza raggiungere i fasti di Chuck Rock, sa divertire e lo fa con gusto.

    Nel video seguente il vostro prode redattore porta a compimento il primo livello ...


    ... per poi riempire di clavate i ditoni del malefico T-Rex che custodisce l'uscita!!!!

    martedì 14 dicembre 2010

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    Chi da un po' segue questo blog avrà notato l'attenzione che cui tratto i giochi della primissima generazione videoludica su PC, quando i colori erano quattro ed il sonoro praticamente inesistente. Faccio questo "sforzo" sia per il piacere che mi da riprendere in mano questi titoli, che mi hanno accompagnato nella mia giovinezza, sia perchè mi pare corretto in qualche modo preservarne la memoria che pian piano si va annebbiando.
    Dopo avervi parlato di Alley Cat, Tetris, Rogue e Hart Hat Mak, solo per citarne alcuni, oggi voglio raccontarvi la "parabola" di Sopwith titolo di duelli aerei datato 1984. A prima vista l'uso del termine parabola potrà sembrarvi esagerato ma, se consideriamo che ancora oggi questo gioco, pur senza mai essere rilasciato commercialmente, conta fansite, appassionati e numerosi remake ... beh qualcosa di speciale lo dovrà pur avere! Andiamo a vedere di che si tratta ...


    Il Sopwith Camel protagonista assoluto di questo gioco

    David L. Clark giovane programmatore della BMB Compuscience, viene incaricato di realizzare un'applicazione in grado di dimostrare le potenzialità della loro architettura di networking denominata Imaginet. David decide quindi di sviluppare Sopwith gioco multiplayer distribuito in bundle con l'apparecchiatura di rete. Il gioco permette a due giocatori di sfidarsi in acrobatici duelli aerei a bordo di un biplano della prima guerra mondiale. Ogni aereo è armato con bombe e mitragliatrice con cui  abbattere l'avversario e distruggere le installazioni di terra avversarie. Il gioco termina, con un romantico volo verso il tramonto, quando le infrastrutture nemiche sono state completamente rase al suolo. Il biplano del giocatore '1' è identificato dal colore ciano, quello del giocatore '2' è magenta (con quattro colori a dosposizione non si poteva pretendere di più!); stesso discorso per le installazioni al suolo. Oltre all'uno contro uno (giocabile unicamente su rete Imaginet) sono presenti le modalità 'single player' e 'single player against computer': la prima vi permetterà di impratichirvi con il sistema di controllo senza l'assillo del fuoco nemico, mentre la seconda vi consentirà di sfidare un avversario controllato dalla fida CPU. Il giocatore controllato dal processore non brilla certo per tattica ed intelligenza ma avvalendosi spesso e volentieri della tecnica del kamikaze, si rivela in più di un'occasione avversario ostico da controllare. Prima di passare alla descrizione del sistema di controllo, che essendo decisamente articolato merita un capitoletto a parte, vi invito a visionare l'immagini seguente che, oltre a mostrare una sequenza di duello concluso con la sconfitta del biplano ciano (ho fatto la rima, che bravo!!!), mi permette di illustrarvi alcuni elementi particolarmente importanti dell'area di gioco. La parte più cospicua dello schermo è ovviamente utilizzata per visualizzare il campo di battaglia; nella parte bassa troviamo invece, la mappa dell'arena (si gioca sempre in un ambiente delimitato da due insormontabili pareti rocciose) con puntini colorati che rappresentano i vari obiettivi, il punteggio (che può andare anche in negativo poiché manovre o attacchi scorretti decrementano lo score) ed un simpatico istogramma che illustra il livello di "salute" del vostro biplano e le quantità rimanenti di carburante, proiettili e bombe. Grazie alla risorse limitate entra in gioco una forte componente strategica che vi costringerà ad una oculata gestione onde evitare di dover tornare alla base, per rifornimento e riparazioni, lasciando le vostre installazioni alla mercè del fuoco nemico.


    Colpito!!!!

    Il sistema di controllo del biplano prevede l'utilizzo di diversi tasti: ',' (virgola) per aumentare l'angolo di volo , '.' (punto) per rovescia la posizione di volo e '/' (slash) per diminuire l'inclinazione dell'aereo. A questi si aggiungono 'Z' per diminuire la velocità, 'X' per aumentarla, 'H' per innestare il pilota automatico e tornare alla base, 'B' per sganciare una bomba ed infine la barra spaziatrice per sparare con la mitragliatrice. Insomma, un sistema di controllo tentacolare che richiederà un po' di pratica per essere dominato ma che, una volta entrato nelle vostre corde, vi permetterà di eseguire spettacolari ed acrobatiche evoluzioni.

    Il gioco è tutto qui e benchè il suo gameplay possa sembrare alquanto limitato, vi assicuro che è dotato di quel feeling particolare che vi obbligherà "moralmente" a fare ancora una partita e poi un'altra e poi un'altra ancora senza riuscire a smettere. Insomma il feeling dei bei giochi di una volta che ti incollano letteralmente allo schermo senza capirne il perchè.

     
    Due immagini in-game del primo Sopwith

    L'anno successivo, sull'onda del successo del gioco che si era diffuso ben oltre la rete Imaginet ormai defunta, Clark decide di rilasciare una nuova versione, intitolata semplicemente Sopwith II, in cui vengono aggiunte due simpatiche novità: le mucche che brucano il terreno, che causano una perdita di 200 punti se "abbattute", e gli stormi di uccelli che se colpiti in volo fanno precipitare il nostro aereo. Vengono proposte alcune migliorie grafiche come le esplosioni più elaborate, e le buche lasciate nel terreno dalle deflagrazioni.

     
    Due immagini in-game di Sopwith II (notate la simpatica mucca)

    Nel 2000, con il rilascio con licenza GNU GPL del codice di Sopwith, arriva "Sopwith - The author's edition" in cui l'autore arricchisce una volta ancora il gameplay introducendo (nelle sola modalità scontro) i missili a ricerca termina e le contromisure tattiche (flare) per depistarli. Si rilassa anche il comportamento dell'aereo quanto "sbatte" con il bordo superiore dello schermo: ora è possibile recupare il controllo, mentre nelle versioni precedenti questa eventualità implicava l'impietoso schianto al suolo. Di contro nel caso vi lanciate in ascese senza una sufficiente velocità, l'aereo andrà in stallo con conseguente schiato al suolo. Viene rivista ovviamente la grafica, che pur restando CGA in rispetto alle tradizioni, presente nuove e simpatiche animazioni. Con quest'ultimo rilascio, il gioco raggiunge il sui apogeo.

     
    La schermata di presentazione e una immagine in game dell'edizione speciale di Sopwith

    Tutte le versioni del gioco funzionano perfettamente con il DosBox a patto di smanettare un po' con il parametro cycles per adattare la velocità (tra 300 e 400 dovrebbe andar bene). Se non avete voglia di impazzire troppo, potete scaricare la versione Windows, direttamente dal sito dell'autore. In entrambi i casi vi consiglio di impostare il layout americano della tastiera (nel DosBox, digitare il comando 'keyb us') al fine di trovare lo slash accanto al punto (limitando così eccessive contorsioni).

    Accidenti, rapito dalla descrizione del gameplay, mi sono scordato di parlarvi del sonoro, rigorosamente affidato allo speaker interno (all'inzio degli anni '80 non è che ci fossero alternative): fortunatamente non c'è "musica" di sottofondo ma solo effetti sonori che sottolineano il rumore del motore, le esplosioni ed il mesto fischio del precipitare del nostro biplano.

    Bene, spero che il mio racconto serva a stimolare la vostra voglia di provare questo "classicissimo" del softeca PC dei primi anni '80. La grafica non sarà un granchè, il sonoro è praticamente inesistente ma la giocabilità è veramente alle stelle. Purtroppo allo stato attuale non è possibile giocare in modalità multiplayer per via dei protocolli ormai desueti, speriamo che qualche volenteroso realizzi uno strato di emulazione, magari per il fantastico DosBox. Che la battaglia abbia inizio ...


    giovedì 2 dicembre 2010

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    Cari lettori ... da oggi, grazie al pregevole lavoro dell'amico Francesco "Gekido" Ugga, il sito di riferimento per gli amanti del retrogaming su PC (ok ... mi sto un po' montando la testa!!) è troneggiato da un bellissimo banner che, oltre a  riportare il titolo del blog, cerca di raccontare nella sua "brevità" l'evoluzione della nobile arte videoludica sulla piattaforma MS-DOS. Il primo banner ripercorre in poco meno di un migliaio di pixel il percorso di Larry Laffer (sfigato playboy partorito dalla fervida fantasia di Al Lowe e pubblicato dalla Sierra On-Line) dalla sua prima apparizione in Leisure Suit Larry in the Land of the Lounge Lizards (1987) fino alla sua ultima avventura Leisure Suit Larry 7: Love for Sail! (1996) ... ho volutamente tralasciato gli ultimi episodi rilasciati, con scarso successo, unicamente per sfruttare la popolarità del personaggio.
    Personalmente non posso far altro che ringraziare Gekido per lo squisito pensiero, che dona al mio blog quel tocco di colore e professionalità che non guasta mai ... insomma Francesco, capo redattore di Re.BIT, sarà anche un despota ma è innegabile che con il mouse ci sa proprio fare (lo dimostra la stupenda grafica della nostra rivista che vi invito ancora una volta a leggere).

    Un grazie di cuore,
    Tex

    domenica 28 novembre 2010

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    “Molto tempo è passato dall’era della Seconda Ombra, in cui i draghi dominavano il cielo e le stelle erano splendenti e numerose…”


    In un futuro possibile, la società è organizzata in città stato costruite intorno alle gilde dei mestieri: fabbri, pastori, vetrai e clerici sono i potenti clan che si spartiscono il potere legislativo, amministrativo e militare. Isolata, sulla piccola isola di LOOM, vive la gilda dei tessitori, che rifugge le questioni politiche per dedicarsi con devozione allo studio della propria arte. Nel corso dei secoli l’arte della tessitura trascende i limiti della tela, grazie all’utilizzo di un telaio magico che permette ai membri della gilda d’influenzare la realtà ed alterare il futuro. Lady Cygna Threadbare, giovane donna della congrega, chiede agli anziani di utilizzare i poteri del magico telaio per lenire le sofferenze del suo popolo che, a causa dell’isolamento, si sta lentamente estinguendo. Di fronte al rifiuto, la donna decide di utilizzare di nascosto il telaio per tessere il destino del figlio neonato e salvarlo dall’infausto futuro della sua gente. Scoperto il misfatto, il consiglio degli anziani trasforma la donna in un cigno, condannandola all’esilio e affidando il piccolo a dama Hetchel.

    Bobbin, questo è il nome scelto da Hetchel, cresce isolato dal resto della comunità, emarginato per paura dell’oscuro presagio lanciato dalla madre con il suo gesto sconsiderato. Hetchel, nonostante il divieto degli anziani, insegna segretamente al giovane l’arte della tessitura e della magia.

    Il giorno del suo diciassettesimo compleanno, Bobbin viene convocato dal consiglio degli anziani che intendono decidere del suo destino (che appare tutt’altro che roseo). Giunto al palazzo del consiglio, il giovane ode le voci degli anziani intenti a processare Hetchel per averlo istruito nonostante il loro divieto. Nascostosi nell’ombra, Bobbin vede la sua nutrice trasformata, per punizione, in un uovo. Chi la fa l’aspetti… ed ecco irrompere nella sala un cigno che trasforma gli anziani, e tutto il popolo dei tessitori, in cigni che abbandonano la dimensione terrena attraverso un varco interdimensionale. Bobbin si trova così solo… in compagnia di un uovo! Dopo aver raccolto il bastone magico (il distaff) del capo del consiglio, lancia il suo primo incantesimo sull’uovo da cui esce un anatroccolo nero (Hetchel) il quale, prima di lasciare la nostra dimensione, informa il ragazzo che spetterà a lui salvare il mondo dall’arrivo della Terza Ombra. Il suo destino, tessuto magicamente anni prima dalla madre, è quello di abbandonare l’isola di Loom, entrare in contatto con le altre gilde e recuperare gli oggetti necessari per portare a termine il suo compito. Qui inizia la vostra avventura di cui non vi fornisco ulteriori dettagli onde evitare di rovinarvi il gusto di vivere passo passo l’ottima trama del titolo.

     

    Bobbin convocato dal consiglio degli anziani - La città della gilda dei fabbri

    Quando, nel 1990 la LucasFilm pubblicò Loom, aveva già al suo attivo tre ottime avventure grafiche (“Maniac Mansion”, “Zak McKracken and the Alien Mindbenders” e “Indiana Jones and the Last Crusade”) che l’avevano meritatamente proiettata nell’olimpo dei produttori di questo genere di giochi. La grande innovazione della software house, fondata nel 1982 dal poliedrico George Lucas, fu l’abbandono del parser testuale (che aveva caratterizzato l’era delle avventure testuali) sostituendolo con un’interfaccia completamente gestita tramite il mouse (da cui la definizione di “avventura punta e clicca”). Cliccando sullo scenario si muove il personaggio, i comandi si impartiscono selezionando un’azione dalla lista dei verbi ed un oggetto dall’inventario o dagli elementi dello sfondo (insomma, un passo in avanti non da poco!!!). Bene… se avete avuto occasione di giocare ad uno dei precedenti titoli della Lucas, l’approccio a Loom potrà sembrarvi un po’ spiazzante: la lista dei verbi, così come l’inventario, sono spariti lasciando il posto al solo distaff con cui potrete tessere gli incantesimi (detti trame) necessari ad interagire con gli elementi dello scenario. Il bastone è inciso con le otto note musicali che vanno dal do al do alto (indicate con le lettere da c a c’, le corrispondenti nella notazione inglese); un incantesimo è formato dalla sequenza di quattro note suonate in un preciso ordine. A questo punto vi chiederete come si apprendono gli incantesimi: niente di più semplice, basta esaminare gli oggetti tramite il doppio click del mouse (il click singolo serve per selezionare l’oggetto su cui lanciare una trama) e quelli “interessanti” come per magia (è proprio il caso di dirlo) si metteranno letteralmente a suonare, insegnandovi una nuova trama. Con un doppio click sul pentolone pieno di tintura per i tessuti, ad esempio, vi verrà svelato l’incantesimo per colorare gli oggetti. Le trame possono essere suonate anche invertendo la sequenza, dando così origine all’incantesimo opposto: eseguendo ad esempio la trama COLORA al contrario, si ottiene l’effetto decolorante. Tutto qui, il vostro compito si limita ad esplorare gli scenari, scoprire nuove trame ed utilizzarle per risolvere gli enigmi che via via il gioco vi propone. Risulta quindi tutto più semplice rispetto alle precedenti avventure della Lucas, ma ugualmente appagante.
    Inizialmente potrete utilizzare solo tre delle otto note disponibili, mentre le restanti verranno sbloccate a mano a mano con il proseguire dell’avventura, dandovi accesso ad incantesimi sempre più potenti.



    Bobbin di fronte al telaio magico. Nella parte bassa il distaff con cui tessere le vostre trame


    Sceneggiato da Brian Moriarty, già autore di ottime avventure testuali della Infocom, il gioco nasce con l’obiettivo di diventare il primo film interattivo della storia sacrificando, in parte, la giocabilità per concedersi ampi spazi narrativi. Purtroppo i tempi non erano ancora maturi e i limiti del supporto su cui il titolo venne distribuito (3 floppy disk), impedì al gioco d’esprimere al massimo le sue potenzialità. Per aggirare in parte questo ostacolo (e per aumentare la qualità della narrazione) è inclusa nella confezione una musicassetta che, in forma di “audio dramma” narra, con dovizia di particolari, l’ampio preambolo che fa da introduzione alle avventure di Bobbin. Lo stesso sistema di controllo, fu pensato appositamente per non “distrarre” eccessivamente il giocatore dal vivere l’avventura. Da queste due considerazioni discende uno dei maggiori difetti di Loom: la scarsa longevità. Non avendo a disposizione maggiori risorse grafico-sonore, rispetto alle avventure precedenti, e vista la semplicità dell’interfaccia e le limitate interazioni, il gioco può essere terminato comodamente in un paio di giorni di gioco intensivo. A poco servono i tre livelli di difficoltà che si limitano ad aumentare la complessità d’utilizzo del bastone magico: al livello più alto non sono presenti le incisioni con le note e quando scoprirete una nuova trama dovrete “andare ad orecchio” per capire quali tonalità utilizzare per riprodurla. Decisamente troppo poco da questo punto di vista per raggiungere la sufficienza.

    Discorso diverso invece per quanto riguarda la grafica e il sonoro. La grafica, benché a soli 16 colori, è decisamente gradevole sia per quanto riguarda gli sprite che i fondali (alcuni disegnati in modo magistrale). La nuova versione dello SCUMM  permette di gestire inquadrature in campo ampio, con i personaggi che si ridimensionano in funzione della distanza dall’osservatore, e primi piani che enfatizzano l’intensità dei dialoghi. Molto buono il sonoro grazie al supporto per le schede AdLib e Sound Blaster. Ottimi gli adattamenti di George Alistair Sanger "Fat Man" dei brani di Tchaikovskij che fanno da colonna sonora alle nostre gesta; purtroppo, ancora una volta, i limiti del supporto impediscono di avere un accompagnamento costante durante tutto il gioco ma, quando la musica c’è, è pregevole e sempre adatta alle situazioni vissute dal protagonista.

     

    In Loom si può volare anche se la posizione non è comodissima! - La città degli smeraldi della gilda dei vetrai

    Loom è un’avventura strana e per certi versi fuori dagli schemi; alcuni l’ameranno alla follia altri la odieranno, e il mio consiglio è quello di provarla per comprendere al meglio lo spirito creativo ed innovativo che fa dei titoli della LucasFilm le migliori avventure mai realizzate.

    Altre versioni

    Il gioco viene rilasciato contemporaneamente, oltre che per PC, per Amiga, Atari ST e Macintosh. Tutte le versioni sono essenzialmente identiche tranne quella per l’Amiga che, come al solito, fa sfoggio di un sonoro migliorato. Nel 1992 viene rilasciata la versione PC CD-ROM con grafica VGA 256 colori, audio digitale e parlato.


    L’antro del drago nello splendore dei 256 colori VGA

    SCUMM

    Lo Script Creation Utility for Maniac Mansion è l’applicazione realizzata da Aric Wilmunder e Ron Gilbert, nell’ormai lontano 1987, per semplificare lo sviluppo di Maniac Mansion. L’uso di un linguaggio di scripting permise agli sviluppatori di utilizzare immagini, sprite, musiche e sequenze di dialogo senza mettere mano ai complessi linguaggi di programmazione. Sviluppato inizialmente sul C64 ed in seguito portato su molte piattaforme, dal 3DO al Sega Mega CD, consentì a tutti noi di gustarci le splendide avventure grafiche prodotte negli anni dal gruppo di geniacci della LucasFilm (in seguito LucasArts). Benché non più ufficialmente utilizzato, lo SCUMM è vivo e vegeto grazie al progetto open source SCUMMVM (SCUMM Virtual Machine) che permette a tutti noi giocare in scioltezza ai titoli della Lucas (e non solo) sui moderni sistemi operativi … un ottimo lavoro!!!

    Vi lascio con il filmato della demo non interattiva di Loom che spero vi possa invogliare a provare questa fantastica avventura ...


    PS
    La recensione che avete appena letto è tratta dal terzo numero di Re.BIT di cui vi consiglio la lettura seguendo questo link ... non perdetevi questo inno al retrogaming.

    mercoledì 24 novembre 2010

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    Fin dai suoi esordi come macchina da gioco, il PC, vista la sua vocazione "professionale", è stato letteralmente invaso da titoli seriosi quali adventure, complessi strategici a turni, mattonosi RPG con manuali da 200 pagine e simulatori di volo. I giochi a forte vocazione arcade, come platform e shoot'em up, si contavano sulla punta delle dita di due mai, per le conversioni da coin-op ne bastava una! Per un "pischello" come me, che non perdeva l'occasione di andare al baretto sotto casa per giocare al cabinato di turno, una vera tragggedia (le tre g sono volute). Se a questo aggiungiamo l'alterna qualità delle conversioni, vedi  ad esempio l'orrore di Ghosts 'n Goblins, il mediocre OutRun ed il dignitoso Double Dragon ... c'è veramente poco da stare allegri (beh ... c'e' Super Off Road di cui vi ho parlato un paio di post fa, ma è la classica eccezione!!!). Per tiraci su un po' il morale oggi ho deciso di parlarvi di Golden Axe, beat-'em-up a scorrimento targato Sega, uscito in sala nel 1989 e convertito nel 1990 per una pletora di sistemi (console e home computer) che non starò ad elencarvi (tanto sono sempre i soliti).



    Il gioco, evidentemente ispirato alle atmosfere fantasy di Conan il Barbaro, narra le vicende del regno di Yuria e della sua famiglia reale rapita dal malvagio Death Adder. Nel portare a compimento il real sequestro, il perfido signore del male pensa bene di trafugare la mitica ascia d'oro (Golden Axe), simbolo del potere e della forza del reame. Com'è ovvio che sia spetterà a voi, nei panni di uno dei tre possibili protagonisti, partire alla volta dell'oscuro maniero di Death Adder per liberare la famiglia reale e riportare a casa il magico talismano.

    I tre possibili protagonisti, coniugano differenti caratteristiche che influiranno sensibilmente lo stile di gioco che sarete costretti ad adottare:

    • Ax Battler: il classico barbaro potente e vigoroso che, armato del suo sfido spadone (niente doppi sensi, please), vuole vendicare la morte della madre. E' il personaggio più equilibrato del trio.
    • Tyris Flare: sensuale amazzone armata di spada bastarda (spada lunga e sottile) in cerca di vendetta per la morte dei genitori. E' il personaggio più agile e veloce ma anche il meno potente.
    • Gilius Thunderhead: come da classico della letteratura fantasy non poteva mancare il nano armato di ascia bipenne, lento ma forte come un toro. Anche Gilius è spinto a combattere, oltre che per la libertà del regno, per vendicare la morte del fratello gemello, caduto sotto i colpi degli sgherri di Death Adder.


    La schermata di selezione del vostro personaggio

    I tre protagonisti, oltre che alle loro armi potranno far affidamento sul potere della magia: Ax può contare sul potere della terra, Tyris su quello del fuoco (è l'incantesimo più potente) e Gilius su quello del fulmine. Non essendo dei maghi in senso classico, i tre personaggi invocano il potere degli elementi lanciando ampolle magiche che potranno essere raccolte nel corso della missione (prendento a calcioni dei simpatici nanetti). Maggiori saranno le ampolle a disposizione, maggiore sarà l'effetto e la devastazione dell'incantesimo (Tyris può accumulare più ampolle rispetto agli altri personaggi, bilanciando in parte la minor prestanza negli scontri all'arma bianca). Chiudo la parentesi sulla magia, sottolineando la bellezza delle animazioni che accompagnano il lancio di un incantesimo ... mitica la testa di drago evocata dalla bella amazzone, che attraversa lo schermo eruttando fiamme sui nemici.

     

    La forza degli elementi in azione

    Il gameplay di Golden Axe è quello classico del genere dei picchiaduro a scorrimento: si avanza affrontando i nemici, in questo caso menando fendenti a più non posso, che man mano ci approcciano; durante gli scontri lo scorrimento si interrompe per poi riprendere terminata la battaglia. Alla fine di ogni livello troveremo il classico boss che ci farà sudare non poco per conquistare l'accesso allo stage successivo. Oltre al classico fendente i nostri eroi potranno effettuare alcune mosse aggiuntive come: la spallata in corsa, il "calcione", la presa con schiacciata a terra e l'attacco speciale (diverso per ognuno dei tre personaggi). Insomma, c'è tutto quello che serve per infliggere il meritato dolore ai cattivoni che cercheranno di sbarrarci la strada.

    Come se non bastasse, durante gli scontri potrete disarcionare i nemici dalle proprio cavalcature e prenderne il controllo; potrete cosi sfruttare le potenti codate della coccatrice (creataura leggendaria mezza gallo, mezza lucertola!!!) e l'alito infuocato del drago.

     
    Gilius a cavallo del drago e della coccatrice (in quest'ultimo caso il prode nano si prepara ad affrontare i due guardiani che sorvegliano l'accesso a Turtle Village)

    Graficamente il gioco è una gioia per gli occhi grazie al buon uso dei 256 colori della VGA (sono supportate anche EGA e CGA) e agli sprite grandi e ben animati. Buono l'accompagnamento sonoro, un po' meno gli effetti sonori decisamente "fiacchi" (ma dopotutto dalla AdLib non si può pretendere di più). Mi sono sempre chiesto il perchè della banda nera sulla destra (si vede bene anche negli screenshot) e purtroppo non sono mai riuscito a farmene una ragione (magari per adattarsi alla risoluzione originale?). Se avete qualche idea lasciate un commento, in modo da placare la mia sete di conoscenza :o)

    Trattandosi una conversione da coin-op il confronto con la versione arcade è d'obbligo. A tale scopo chiamo in causa due screenshot, a sinistra la versione arcade a destra quella PC: come si può notare pur con una leggera perdita di risoluzione verticale ed una manciata di colori in meno, la versione per i sistemi MS-DOS denota l'ottimo lavoro svolto dai programmatori, proponendosi sul mercato come una delle migliori conversioni.

     

    L'unico difetto imputabile al titolo è l'eccessiva semplicità che ci porterà a completare il gioco in breve lasso tempo (questa è una caratteristica è comune a molti titoli derivati direttamente dai coin-op). Se a questa relativa facilità aggiungiamo i quattro crediti che il gioco mette a disposizione per arrivare al termine dell'avventura, è facile rendersi conto che non ci vorrà molto tempo per trovarsi faccia a faccia con Death Adder. Per venire incontro alla voglia di mazzate dei giocatori più esperti, nella conversione è stato introdotto un livello di difficoltà superiore (selezionabile dal menu delle opzioni) e la modalità "The Duel" in cui, in una sorta di picchiaduro ad incontri, saremo "invitati" via a via ad affrontare nemici più forti (o più numerosi).

    Chiudi segnalandovi la possibilità di affrontare il gioco in coppia ed i diversi sistemi di controllo supportati: tastiera, joystick e mouse (non ridete perché usando il mouse, alcune manovre risultano molto più comode).

    Eccovi il solito filmato in cui affronto alcuni livelli del gioco. Chiedo venia per la mia incompetanza (che in parte contraddice la mia affermazione sulla facilità del titolo) ma dopo tanti anni sono un po' arrugginito ... vi assicuro che ho portato a termine il gioco più volte ... gustosissima la sequenza finale che vi invito a scoprire assaporando pian piano questo ottimo titolo ... alla prossima ...