sabato 30 ottobre 2010

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Per chi ancora non lo avesse capito, in questo blog si parla di giochi sviluppati per la piattaforma PC/MS-DOS. Prima di proporvi il tanto rimandato speciale sul DosBox (a cui questo post è propedeutico) vorrei fare un po' di chiarezza sul connubio hardware e software che è stato, per quasi due decenni, croce e delizia di migliaia di videogiocatori (e non solo).

Con il termine PC (Personal Computer) si intende un computer di uso generale (general-purpose) le cui dimensioni, prestazioni e prezzo d'acquisto siano adatte alle esigenze di un singolo individuo (da cui l'aggettivo personale). Da questa definizione si evince che l'Apple II (1977, che a tutti gli effetti può essere considerato il primo personal computer di successo), il Commodore 64 (1983) e il buon vecchio ZX Spectrum (1982) sono a tutti gli effetti dei PC.
Nel 1981, IBM immette sul mercato il suo primo personal computer, l'IBM PC 5150 (in seguito ribattezzato semplicemente PC IBM). Il sistema, basato sul processore Intel 8088 (il papà dell'architettura x86, di cui vi ho parlato non molto tempo fa), nonostante il prezzo non proprio abbordabile (3000$) e la bassa capacità di elaborazione ebbe un notevole successo grazie alla sua affidabilità, solidità ed espandibilità (tramite un bus interno, caratteristica molto rara tra gli altri PC dell'epoca, che probabilmente fu la chiave del "trionfo"). Grazie al suo successo, il PC IBM divenne rapidamente standard de facto dell'industria dei personal computer scatenando, tra l'altro, l'ingegno delle manifatture orientali (Taiwan, Singapore, ecc) che iniziarono a rilasciare cloni sempre più performanti e a buon mercato. Oggi, IBM è uscita dal mercato dei personal computer ed i termini "IBM PC" e "compatibili IBM" sono caduti in disuso, il termine PC viene utilizzato, in una sua accezione, per indicare i sistemi basati sull'architettura x86, naturale evoluzione dei sistemi disegnati tanti anni prima dalla International Business Machines.

L'IBM Personal Computer 5150

L'utilizzo di un computer, qualsiasi esso sia, è reso possibile da un software "di base", che permette all'utente, ed alle applicazioni, di interagire con le risorse (come esempio i dischi) dell'elabratore: il sistema operativo.
La sigla DOS (Disk Operative System, sistema operativo su disco) non identifica nessun sistema operativo in particolare ma, semplicemente, indica la modalità con cui tale software viene distribuito: gli amati/odiati floppy disk. Proprio per questa sua genericità, la particella DOS compare nel nome di molti sistemi operativi: AmigaDOS, Atari DOS, CommodoreDOS, Apple DOS, ecc.

Dovete sapere che, nel 1981, un giovane ed arrembante Bill Gates e la sua neonata Microsoft, fino ad allora dedita allo sviluppo di linguaggi di programmazione (qualcuno si ricorderà il Microsoft Basic, sui sistemi MSX), acquistarono, per pochi denari, dalla Seattle Computer Products il QDOS (Quick & Dirty Operative System), clone a basso costo del CP/M, ai tempi sistema operativo standard sui microcomputer. Con questo ebrione di sistema operativo (appena 4000 linee di assembler) rimaneggiato per l'occasione, lo zio Bill si propose ad IBM come fornitore per la nascente piattaforma IBM PC. Ed ecco il colpo di scena: nonostante gli innumerevoli bug del software, IBM accetta l'offerta (probabilmente per il costo contenuto, quindi più adatto ad un sistema "casalingo") assecondando le richieste di acquisirlo su licenza e di permetterne la vendita anche ad altre società. Da quel giorno per ogni PC IBM, o compatibile, con sistema operativo MS-DOS (questo il nome scelto per l'infante) Microsoft percepisce una royalty grazie alla quale, vista l'incredibile diffusione, il giovane Bill costrisce l'impero che lo ha reso uno degli uomini più ricchi del pianeta.
L'MS-DOS è, per certi versi, già vecchio alla nascita visto che, su altre piattaforme, come quelle di casa Apple e Commodore, iniziavano a diffondersi  sistemi operativi più performanti basati su intuitive interfacce grafiche. Il DOS di casa Microsoft, propone ai propri utenti un ambiente "complesso" basato su un interprete dei comandi testuale, decisamente spiazzante per gli utenti non avvezzi; io stesso mi ricordo la telefonata di un amico che mi chiamò dopo aver ricevuto in regalo un fiammante PC Olivetti ... lo trovai imbambolato davanti al video intento a fissare la mitica sequenza di caratteri "C:\>".  Gli utenti PC, dovettero attendere fino al 1995, se tralasciamo Windows NT e OS/2 di IBM, quando, con l'avvento di Windows 95 misero finalmente le mani su in sistema operativo moderno, dotato di interfaccia grafica e adatto a sfruttare le potenzialità delle CPU a 32 bit (che erano sul mercato da quasi 10 anni!!!!). Fino a quel giorno, utilizzare l'MS-DOS per giocare significava lottare con i suoi file di configurazione (i mitici AUTOEXEC.BAT e CONFIG.SYS) per limare i byte di memoria disponibile e caricare i driver delle loro schede grafiche e sonore. Dopo un periodo di sovrapposizione tra i due sistemi, Windows 95 prese il sopravvento e questa infernale operazione andò in pensione, con buona pace di tutti gli smanettoni. Dopo Windows 95 arrivarono, tralasciando l'inutile Millenium, Windows 98, Window XP, Windows Vista ed infine l'odierno Seven. Ogni nuova versione del sistema operativo Microsoft, perdeva compatibilità nei confronti del buon vecchio MS-DOS, rendendo sempre più difficile giocare ai titoli del passato; compatibilità che scompare completamente con l'avvento di Windows Vista (ma già con XP non è che fosse tutto rose e fiori).
Ed ecco che nel 2002 da un'intuizione dell'olandese Peter Veenstra, arriva il DosBox che permette a tutti noi di godere dei classici del passato senza rinunciare alla peculiarità dei moderni sistemi operativi ... ma di questo parleremo nel prossimo articolo ...

Prima di lasciarvi, vi invito a vedere questa scena tratta dal film "I pirati di Silicon Valley" in cui viene narrato l'evento da cui hanno inizio le fortune di Zio Bill ... il mitico incontro nel quartier generale di IBM. Il film, del 1999, ben interpretato da Noah "Dottor Karter" Wyle (Steve Jobs) e Anthony "The Dead Zone" Michael Hall (Bill Gates) narra l'acesa (e anche il declino nel caso di Jobs) dei fondatori di Apple e Microsoft; un buon film che, nonostante alcune imprecisioni, merita senz'altro di essere visto per farsi un'idea dei bei tempi andati, quando la genialità e la creatività di un uomo solo potevano ancora fare la differenza in un settore come quello dell'informatica.





giovedì 21 ottobre 2010

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Nel 1989 arriva da Accolade, per ogni home computer e console del periodo, il seguito di quel Test Drive che un paio d'anni prima ci aveva deliziato con la sua giocabilità innovativa (fu a tutti gli effetti il primo street racing game) purtroppo penalizzata da un maldestro sistema di controllo, almeno su PC (per ulteriori dettagli vi invito a leggere il post precedente).



Il cuore del gioco è rimasto lo stesso del predecessore: si corre come dei pazzi su strade reali, pullulanti di traffico e pattuglie della polizia, per completare i diversi tracciati nel minor tempo possibile. E' su questa base collaudata che Accolate e i DSI costriuscono il loro piccolo gioiello di giocabilità che resterà sul trono degli street racing fino all'avvento dell'orgia poligonale di The Need for Speed (1995).
A livello di gameplay le novità sono tantissime: prima di tutto, come rimarcato dal sottotitolo (The Duel, il duello), la possibilità di battagliare oltre che contro il tempo, con un avversario gestito dall'intelligenza del computer. Di conseguenza, ecco arrivare il livello di difficoltà selezionabile  che agirà, oltre che sulle capacità del pilota controllato dalla cpu e sulla quantità di mezzi in circolazione sulle strade, sul sistema di cambio: automatico ai livelli più bassi, manuale in quelli avanzati. Rispetto al primo capitolo, in cui il gioco terminava se la prestazione non era soddisfacente, in questa nuovo episodio il giocatore inizia con un monte di cinque vite, esaurite le quali il gioco termina con il game over (il gioco termina, indipendentemente dal numero di vite, se ci si schianta con un mezzo della polizia). Il numero di schianti che il nostro veicolo può sopportare viene incrementato ogni volta che si completa, senza incidenti, uno split della gara raggiungendo la stazione di servizio. Benché sia un'innovazione minore, anche l'approccio alla stazione di servizio è stato reso più interessante: dovrete infatti fermare il vostro veicolo all'interno dello spazio stradale delimitato da due linee bianche, in caso contrario sarete penalizzati con la perdita di una vita per il mancato rifornimento. Può anche sembrare banale ma, arrivando lanciati per battere il record, sarete costretti a calcolare al limite la frenata per non sprecare prezioni secondi.
Graficamente, nonostante l'engine sia ancora basato sulla EGA (in rete girano snapshot di una fantomatica versione VGA, ma io non l'ho mai vista) i miglioramenti sono evidenti: la fluidità è su ottimi livelli e la sensazione di velocità è decisamente buona. Inoltre, rispetto alla monotonia degli scenari del primo episodio, ora potremo sfrecciare attraverso zone desertiche, verdeggianti e montuose (con tanto di gallerie!!!). Anche gli elementi al contorno, più numerosi rispetto al capitolo precedente,  come piante, cespugli, tralicci e costruzioni contribuiscono non poco all'appagamento del nostro apprato visivo. Le orecchie putroppo non si sollazzano ma, come al solito, dallo speaker interno non si può pretendere di più.


 

Alcune immagini di gioco

Il sistema di controllo questa volta è preciso e risponde prontamente alle sollecitazioni, regalando un'esperienza di gioco molto appagante e divertente.

Il parco macchine previsto dalla versione originale è composto unicamente dalla Ferrari F40 e dalla Porsche 959 con cui potrete sfidarvi in duelli all'ultima sgommata. Per fortuna furono in seguito rilasciate espansioni che, oltre a mettere a disposizione nuovi tracciati, allargano i veicoli utilizzabili.
La prima espensione, The Supercars include: Ruf Twin Turbo, Ferrari Testarossa, Lotus Esprit Turbo, Lamborghini Countach e Chevrolet Corvette ZR1. La seconda, Musclecars, ci permettarà invece di metterci al volante di alcuni mostri del passato: Camaro C.O.P.O. 9560 ZL1 (1969), Corvette Stingray (1963), Dodge Charger Daytona (1969), Mustang Shelby GT500 Cobra (1968), Pontiac GTO (1967).

Veramente il massimo ... un gioco da provare assolutamente ... a voi il video ...

mercoledì 20 ottobre 2010

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Tra i giochi di guida, gli street racing, corse ambientate su percorsi urbani più o meno trafficati, sono senz'altro tra i più divertenti per via dell'ambientazione in un certo senso famigliare: basti pensare al tragitto quotidiano per recarsi al lavoro nel traffico cittadino ... una battaglia!!! Rispetto alla realtà, in cui normalmente ci si muove a bordo di utilitarie, questo tipo di giochi ci pongono alla guida di veri e propri mostri a quattro ruote, assolutamente inadatti a muoversi in questo tipo di contesti, ma proprio per questo tremendamente divertenti da guidare.
Facendo uno strappo ai temi trattati da questo blog, penso che il miglior gioco di questa categoria sia Burnout (e relativi seguiti) in cui, alla guida di missili a quattro ruote si sfreccia nel traffico cittadino con mille insidie da evitare e con l'aggiunta di dover nel contempo schiantare le auto degli avversari (takedown!!!).
Chiusa questa parentesi, torno a parlavi del titolo oggetto di questa retro-review: Test Drive rilasciato da Accolade nel 1987 per PC, Amiga, Atari ST, C64 e Apple II ... andiamo a iniziare ...


Pur con il rischio di essere smentito, e vi lascio lo spazio nei commenti per eventuali precisazioni, mi sento di affermare che Test Drive fu il primo racing game a calcare la scena videoludica. Gli elementi tipici del genere ci sono proprio tutti: bolidi da sogno, percorsi tortuosi, traffico e agenti di polizia pronti a lanciarsi in adrenalinici inseguimenti. Il compito che il gioco vi affida è molto semplice: portare il vostro veicolo al traguardo (nel caso specifico una stazione di servizio) entro un determinato limite di tempo, superato il quale verrete invitati a mettervi alla guida di un'utilitaria :o) Se riuscirete a concludere nel tempo consentito, oltre ad avere accesso al percorso successivo, vi verrà assegnato un punteggio, proporzionale all'entità della vostra prestazione, che al termine delle gara stabilirà la vostra posizione nella tabelle dei record. A mettervi il bastone tra le ruote, il traffico e le pattuglie della polizia che, con posti di blocco ed inseguimenti faranno di tutto per appiopparvi l'odiatissima multa. L'appropinguarsi di una pattuglia è segnalato dal simpatico radar di bordo ... spetterà a voi scegliere se rallentare e rispettare il limite (conigli) o accelerare a tutto e seminare gli sbirri. Terminati i cinque percorsi che compongono il gioco sarete gratificati di una trionfale schermata e quindi, dopo un rapido passaggio per la hall of fame, si ritorna direttamente al menu iniziale.

A proposito di bolidi da sogno, il parco macchine benché non molto vasto è rappresentativo delle migliori dreamcar del periodo:
  • Lamborghini Countach
  • Lotus Turbo Esprit
  • Porsce 911 Turbo
  • Ferrari Testarossa
  • Chevrolet Corvette
Veramente niente male, considerando la reale sensazione di guidare macchine con caratteristiche differenti e la buona riproduzione della strumentazione e dell'abitacolo.

Fa la sua bella figura l'engine grafico che, pur nei solo 16 colori EGA, riesce a rendere discretamente i percorsi delle nostre scorribande, grazie all'utilizzo congiunto di poligoni (strada, montagna) e sprite (i veicoli degli ignari automobilisti e gli elementi di contorno quali cespugli, paletti delimitatori delle strada, ecc). Impietoso il giudizio sul sonoro, ma purtroppo lo speaker interno di meglio non può proprio fare :(

 
Pronti al sorpasso - Questa volta è andata male :(

 
Il commentatore al termini di ogni sezione non si esimerà dall'esimere commenti più o meno lusinghieri - La schermata finale

Bene, dopo aver letto la prima parte della recensione e aver visto le immagini del gioco starete pensando di trovarvi davanti a giocone ... purtroppo non è così! Chiariamoci, non è che Test Drive sia un brutto gioco ma ha alcuni difetti che ne penalizzano la valutazione. Prima di tutto la scarsa sensazione di velocità, che riduce il senso di realismo, e la monotonia dello scenario: si corre sempre con la montagna sulla destra e lo strapiombo sulla sinistra. Se a questo uniamo le sole cinque prove da affrontare per arrivare al termine del gioco il quadro che ne risulta è tutt'altro che allegro. Il difetto maggiore è però da imputare al sistema di controllo che rende il gioco difficile da governare: non è infatti gestita la possibilità di utilizzare due tasti contemporaneamente, risulta quindi impossibile sterzare e accelerare contemporaneamente se non pigiando alternativamente i due tasti preposti (freccia aventi e, ad esempio, freccia a sinistra) ... un vero delirio, contando che solitamente si rallenta prima di entrare in curva e poi si inizia a pigiare sull'accelleratore per uscire alla massima velocità.

Peccato, perché la buona grafica e l'innovatività del gioco avrebbero meritato un sistema di controllo meglio implementato!! Sarà per la prossima ...

Chiudo con il solito video in cui a bordo della Lamborghini Countach sfreccio tra TIR, automobili e strapiombi da paura :o)

lunedì 18 ottobre 2010

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La id Software nasce il 1° febbraio del 1991 quando quattro talentueosi giovanotti (John Romero, John Carmack, Tom Hall e Adrian Carmack), decidono di abbandonare la SoftDisk, presso cui lavoravano, per mettersi in proprio e dare libero sfogo alla propria creatività, alla propria inventiva e, ad onor del vero, per placare alcuni dissapori che si erano venuti a creare in seno all'azienda.



Il primo titolo sviluppato dalla neonata software house fu l'episodio d'esordio della saga di Commander Keen, distribuito da Apogee Software nel 1990. Come avrete sicuramente notato, la data di rilascio è precedente alla fondazione della id Software. Fu proprio la scelta di sviluppare e distribuire il titolo con un publisher differente a dar via agli eventi che causarono l'uscita dei nostri eroi dalla SoftDisk (e probabilmente a fare la loro fortuna!!)

Dopo questo brillante esordio nel mondo del platform games, sotto la spinta di John Carmack, rimasto affascinato da una tech-demo di Ultima Underworld e del suo eccezionale (ma pachidermico!) engine "tridimensionale", i ragazzi della id Software si misero di buona lena a lavorare ad un motore grafico in grado, pur mantendo contenuti i requisiti hardware,  di concedere al giocatore una realistica esperienza di gioco in prima persona. A differenza dei ragazzi della Looking Glass Studios, Romero e soci decisero di dare ai loro titoli un'impostazione meno riflessiva (per chi non lo sapesse, Ultima Underwold è un RPG), più votata all'azione: il protagonista avanza affrontando orde di nemici cercando di guadagnare sano e salvo l'uscita del livello. Signori e signori ... questa è la nascita degli FPS (First Person Shooter) uno dei generi videoludici più amati (ed inflazionati) di tutti i tempi!!!

Ultima Underworld, il gioco che ispirò Carmack e portò alla nascita degli FPS

Come penso tutti sappiate, il gioco che portò alla consacrazione la id Software ed il genere degli sparatutto in prima persona fu Doom (1993), ancor'oggi considerato da molti, l'FPS per antonomasia. Fu infatti questo titolo a fissare i parametri degli sparattutto moderni che, nonostante la folle evoluzione tecnologica, si sono mantenuti costanti.

Com'è ovvio che sia, la perfezione si acquisisce tramite l'esercizio che, nel caso specifico dei videogames, si manifesta nella realizzazione di alcuni titoli, per così dire minori, che pian piano portano all'assolo. E' proprio di questi titoli meno conosciuti che vi parlerò oggi.

Andiamo ad iniziare ...

Hovertank 3D (1991)

Il primo titolo a proporre il motore 3D di id Software è ambientato durante un ipotetico conflitto nucleare. Il giocatore veste i panni di Brick Sledge, mercenario assoldato dalla organizzazione segreta UFA per mettere in salvo i civili ancora presenti nelle città a rischio di attacco. A complicare la vostra missione orde di mutanti che di tutto faranno per abbattere voi e gli impotenti abitanti, e il conto alla rovescia che vi separa dallo sgancio delle bomba che porrà fine al vostra eroica impresa. Il livello termina quando tutti i civili saranno messi in salvo (alcuni possono essere uccisi dai mutanti, penalizzando il punteggio, anzi i denari con cui verrete ricompensati) e voi avrete varcato il mitico portale giallo che conduce alla missione successiva.
Come suggerisce il titolo del gioco, l'impavido Brick non compie le sue imprese in prima persona ma si avvale dei servigi di un hovertank, futuristico carro armato fluttuante e del suo devastante cannone. Da questa particolarità del mezzo utilizzato (levitare su un cuscinetto d'aria) probabilmente deriva il movimento ondulatorio dell'incedere, che fa comparire i primi sintomi di mal di Doom (chi ci ha giocato sa a cosa mi riferisco!).
Come si nota, l'area di è suddivisa in due parti: la parte inferiore dedicata alle informazioni sul giocatare e alla strumentazione, la parte superiore in cui fa "bella mostra" il mondo tridimensionale in cui il nostro alter-ego digitale si muove.

Con riferimento all'engine utilizzato, da questo e dagli altri giochi di cui parleremo in seguito, la definizione corretta è quella di motore pseudo-3D in quanto alcune limitazioni non permettono di classificarlo come realmente tridimensionale (dovremmo aspettare Quake nel 1996 per vedere cadere questa barriera):
  • il protagonista non può alzare o abbassare lo sgurdo
  • le diverse locazioni si trovano tutte allo stesso livello
  • la rappresentazione poligonale è limitata al pavimento, al soffitto e alle pareti (in questi primi giochi tutte a 90 gradi tra di loro) mentre nemici ed oggetti sono rappresentati tramite degli sprite opportunamente scalati per rendere l'impressione della distanza (utilizzando sprite disegnati da diverse angolazioni si riesce a simulare la tridimensionalità degli elementi bidimensionali)
Inoltre in questa prima versione dell'engine manca completamente il supporto alle texture, carenza che rende, ad onor del vero, la grafica un po' scialba.
Il processo di rendering, tramite cui una scena tridimensionale viene "convertita" in un'immagine bidimensionale da visualizzare sullo schermo, si basa sull'algoritmo del ray casting. Questa tecnica si base su immaginari raggi che, uno per ogni pixel, partono dagli occhi dell'osservatore andando a colpire gli elementi della scena. Il primo oggetto colpito (gli altri sono "coperti") è quello a cui deve far riferimento il pixel interessato, il cui colore è determinato utilizzanto gli algoritmi di texturing e shading.
Per completare l'analisi tecnica vi segnalo la grafica EGA 16 colori ed il sonoro quasi completamente assente (per fortuna visto che arriva dallo speaker interno!!!).

Come potrete notare dal video che ho prontamente realizzato (in cui affronto con sprezzo del pericolo i primi due livelli), il gameplay è alquanto lento e ripetitivo ... la difficoltà maggiore è forse quelle di riuscire ad infilarsi negli stretti passaggi senza danneggiare troppo gli scudi del vostro mezzo esauriti i quali arriva il classico game over. Insomma, un titolo da provare solo se volete vantarvi con i vostri amici di aver giocato il primo FPS della storia.

Gustatevi il video e procedere ... le cose iniziano a farsi interessanti :o)


Catacomb 3-D (1992)

La seconda incursione della id Software nell'universo degli FPS, è la trasposizione tridimensionale di Catacomb, titolo sviluppato alcuni anni prima da buon Carmack, di cui vi agevolo un screenshot.


Il malvagio Grelminar dopo 200 anni è risorto e ha ben pensato di rapire Nemesis, l'unica creatura magica in grado di svelare i Wildways, i sentieri incantati verso le altre dimensioni. Ora l'universo è in pericolo! Toccherà a voi, nei panni di Petton Everhail primo mago del regno di Thori, raggiungere l'isola di Garacy, discendere nel cuore delle sue catacombe e liberare Nemesis dalla magica prigione il cui lo stregone l'ha rinchiuso.

 
Lo schermo dei titolo e un'immagine di gioco

Rispetto al titolo precedente i passi in avanti sono enormi sotto ogni punto di vista. Graficamente si nota la presenza delle texture alle pareti che contribuiscono non poco a rendere il senso di oppressione degli ambienti sotterraneai. Molto realistica la mano del protagonista che appare quando questi si accinge a lanciare la palla di fuoco aumentando, in questo modo la sensazione, di vedere il gioco dagli occhi del nostro alter-ego. Molto buoni anche gli sprite che donotano la maggior cura riposta nello sviluppo di questo titolo rispetto al precedente che, potremmo lecitamente catalogare come esperimento.
Ma è soprattutto dal punto di vista del gameplay che si notano i maggiori passi in avanti che rendono Catacomb 3-D incredibilmente simile agli sparatutto moderni. I nemici arrivano a frotte e dimostrano una certa intelligenza nell'attaccare ed evitare i vostri colpi. Nel corso del gioco potrete recuperare medikit per ripristinare la salute del protagonista, power-up per potenziare l'armamento, chiavi per aprire le porte e pergamene che vi aiuteranno nel dipanare la trama del gioco. Se a questo aggiungiamo la possibilità di trovare porte segrete che conducono in stanze zeppe di oggetti bonus per incrementare il punteggio, mi pare di poter dire che i clichè degli FPS ci sono proprio tutti!!!
L'interfaccia oltre a presentare i soliti indicatori sullo stato del personaggio, presenta una bussola utile per orientarsi e un'immagine del viso per personaggio che si trasforma in teschio man mano che la salute diminuisce, niente di speciale ma decisamente accattivante.

La grafica fa buon uso dei 16 colori della palette EGA, mentre il sonoro, prodotto dalla mitica AdLib, è di tutto rispetto, grazie la sapiente utilizzo dei suoi generatori di forme d'onda. Concludo con il sistema di controllo che, come il titolo precedente, è affidato all'accoppiata mouse e tastiera anche se, in questo gioco, vista la tipologia di movimenti è possibile utilizzare anche la solo tastiera.


Catacomb 3-D è in realtà il primo episodio della quadrilogia che porterà a compimento le eroiche imprese del mago Petton (non ridete!!!!). L'episodio d'esordio è l'unico sviluppato direttamente dai ragazzi di id Software, i successivi si limiteranno unicamente ad utilizzare l'ottimo engine di gioco, pur apportando i necessari aggiornamenti.

Chiudo la mini recensione con il solito video che mi vede impegnato nei primi livelli del gioco. Buon divertimento e arrivedereci al prossimo paragrafo :o)




Wolfenstein 3D (1992)

Con questo gioco,  la prima incarnazione del motore 3D di id Software raggiunge il suo apogeo regalandoci il primo FPS di grande successo della storia (e scusatemi se è poco).

La schermata introduttiva

Anche in questo caso il gioco si ispira ad un classico del passato: l'immortale Castle Wolfenstein, rilasciato nel 1981 da Muse per PC, Apple II e Commodore 64. Il titolo originale vede il protagonista muoversi per le stanze di un castello, pullulante di guardie e soldati SS, intento a recuperare gli incartemente segreti del Terzo Reich. Il gioco ispiratore è passato alla storia per essere stato il primo ad inserire una componente stealth nel gameplay: il protagonista poteva, ad esempio, evitare gli scontri indossando le uniformi dei  nemici uccisi. Fortunatamente i ragazzi di Id decisero di sacrificare tale componente regalandoci un condensato di pura adrenalina di cui si sentiva decisamente il bisogno!!

Nel gioco saremo chiamati a vestire i panni del soldato alleato, di origine polacca, William “B.J” Blazkowicz (che tra l'altro è il nonno di Billy Blaze il protagonista di Commander Keen) per aiutarlo nella sua lotta contro il Terzo Reich che lo porterà allo scontro finale contro il Führer in persona (come si può vedere in una delle immagini qui sotto). Il gioco mantiene le caratteristiche del titolo precedente (blastaggio ed esplorazione), aggiungendo però la possibilità di utilizzare tipi diversi di armi (coltello, pistola, fucile, mitragliatore) che aumentano la componente strategica del titolo.

 
Castle Wolfenstein & Wolfenstein 3D

Venendo ad un commento tecnico del gioco, non si può non notare lo sfavillio dei 256 colori VGA che donano al gioco una grafica degna degli anni '90. Aumenta di molto la qualità delle texture anche se, a causa della bassa risoluzione (cosi' come gli sprite) tendono un po' a sgranare quando ci si avvicina troppo. Le caratteristiche dell'engine di gioco rimane pressochè lo stesse del titolo precedente e purtroppo, per garantire la una buona fluidità anche sulle macchine meno potenti, sono ancora assenti le texture su soffitto e pavimento; compaino però le animazioni dell'apertura delle porte ed un maggior senso di velocità e fluidità. Anche per quanto riguarda sonoro, si nota un netto passo in avanti grazia al supporto della Sound Blaster che permette di affiancare alle ottime musiche dei buoni effetti campionati.

Come per i titoli precedenti Wolfenstein 3D viene rilasciato come shareware, ovvero in versione completamente funzionante e ridistribuibile; la versione "libera" è però limitata al solo primo episodio mentre i successivi (2 nel caso di questo titolo) sono acquistabili per corrispondenza. Nel caso specifico di Wolfenstein 3D, venne in seguito rilasciata una versione tradizionale "da negozio" intitolata Spear of Destiny, in cui si narrano eventi precedenti al vicende del soldato Blazkowicz qui narrate (ci sono alcune texture ed effetti sonori nuovi, ma in buona sostanza il gioco è sempre lo stesso).

A voi il video conclusivo con la mia performance ...


Conclusioni

Eccoci giunti alla conclusione di questa cavalcata alla scoperta delle origini degli FPS. Quello che successe in seguito, è storia che ogni persona, amante del nostro hobby  dovrebbe conoscere ... in ogni caso non escludo di dedicarci un post più avanti ... le vie del retrogames sono impredicibili :o)

Credo che l'articolo lasci trasparire quanto il mondo dei videogames sia in debito nei confronti della id Software e dei suoi talentuosi componenti che seppero partendo, quasi da zero, creare un vero e proprio terremoto videoludico!!!
Oggi la id Software esiste ancora, ma ha decisamente perso lo smalto di un tempo forse per l'abbandono di Romero o forse perchè alcune menti geniali fanno fatica a confrontarsi con il mercato videoludico di oggi volto più alla spettacolarizzazione che all'innovazione vera e propria (basta guardare Doom III grafica spettacolare ma gameplay trito e ritrito). Non per nulla Carmack e Romero sono forse gli ultimi sviluppatori/designer di cui ci si ricorda il nome!!

Alla prossima ...

martedì 12 ottobre 2010

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Dopo la cinquina di giochi rigorosamente CGA che ho trattato negli ultimi post, mi è venuta la voglia di parlarvi un altro po' dello standard video introdotto da mamma IBM nel preistorico 1981. Nei due articoli (1, 2) che vi ho proposto alcuni mesi addietro avevo volutamente evitato di parlarvi del Composite Video Mode, modalità a colori fruibile unicamente su TV o monitor con ingresso video composito compatibili con lo standard NTSC (in grado, quindi, di operare alla frequenza di 60Hz). La ragione che mi spinse a tale omissione fu il non aver mai toccato con mano tale primizia tecnologica e quindi la mia totale inadeguatezza a descriverla oltre che dal punto di vista tecnico da quello "emozionale". Trascorrevo le mie giornate crogiolandomi nella mia ignoranza quand'ecco, come un fulmine a ciel sereno, arrivare sul mio blog l'amico Carlo Santagostino, conosciuto pochi giorni prima al VGH 2010 (manca la foto ma sarà per la prossima volta!!!), che mi invita a colmare la lacuna e mi informa che, il mitico DosBox (si lo so, vi ho promesso uno speciale ... lo faccio al più presto!!!) da un po' di versioni è in grado di emulare tale modalità. Cerco un po' per la rete, scopro come abilitarla e ... signori e signori mi si è palesato un universo multicolore che credevo irraggiungibile per i PC dei primi anni '80!!!

Come avrete scoperto leggendo i miei articoli precedenti lo standard CGA prevedere 2 modalità grafiche; una in bassa risoluzione 320x200 a 4 colori (di cui uno selezionabile dalla tavolozza completa di 16 colori e tre fissati dal sistema) ed una monocromatica in alta risoluzione 640x200 (un colore di sfondo fisso, nero, e uno di primo piano selezionabile tra i 16 a disposizione) ... insomma, prestazioni accettabili per l'utilizzo di software da ufficio, che magari doveva tracciare qualche grafico, ma decisamente "povere" per lo scintillante mondo dei videogame.
Come avrete letto tra le varie retro review che vi ho proposto, ci si divertiva ugualmente ma il senso di inferiorità, anche nei confronti di un misero C64, era decisamente opprimente. A tal proposito, vi ripropongo uno screenshot di Alley Cat (1984) a mio parere, uno dei migliori giochi della prima era videoludica del PC (maledetto magenta!!!!).


Bene ... bando alla ciance a lanciamoci alla scoperta del fantasmagorico CGA Composite Video Mode che permetteva di utilizzare ben 16 colori contemporanei su schermo ... avete letto bene, 16 colori!!

Tweaked Composite Video Mode

La prima modalità a 16 colori della CGA è in realtà un hack della modalità 320x200x4 che si basa su di un difetto hardware della scheda. Dovete sapere che IBM, per mantenere bassi i costi di produzione della scheda, invece di utilizzare un convertitore RGB-YIQ per la conversione del segnale da RGB a video composito (YIQ è la codifica con cui vengono rappresentati i colori dallo standard NTSC) decise di utilizzare della circuiteria a componenti discreti più a buon mercato.
Il risultato di tale scelta fu una non perfetta separazione tra i segnali di luminanza e cromoninaza che faceva si che pixel adiacenti (in orizzontale) interferissero uno con l’altro dando origine a “sbavature” di colore che, in molti, casi precludevano l’utilizzo di alcune modalità video. Un esempio è la modalità testuale ad 80 colonne, in ci il testo risulta di difficile (se non impossibile) lettura. Nell’immagine seguente un testo in modalità 80 colonne visualizzato a sinistra su un monitor RGB e a destra su di un TV.

(click per ingrandire)

Ma, come spesso succede, i programmatori geniali sono in grado di sfruttare a loro favore i bug hardware per ottenere risultati impensabili; ed ecco che, avvicinando due pixel di colori differenti si ottiene un nuovo pixel, grosso il doppio, il cui colore è combinazione dei colori di partenza. Alternando pixel di due dei quattro colori messi a disposizione della palette CGA si ottiene un nuova palette di 16 utilizzabili contemporaneamente, come illustrato nella figura seguente (basata sulla palette utilizzata da Alley Cat).

(click per ingrandire)

In conclusione, a patto di accettare un dimezzamento della risoluzione orizzontale (visto che da due pixel ne ottengo uno, la risoluzione effettiva è di 160x200) ed un leggero sfocamento dell’immagine è possibile utilizzare 16 colori contemporaneamente donando ai giochi un aspetto decisamente più accattivante. Per dovere di cronaca, cito che tale tecnica basata su artefatti legati alla codifica del segnale video era già utilizzata da altri homecomputer di prima generazione come Apple II e Amstrad CPC.

Composite Video Mode

Accanto a questa modalità artificiosa, i progettisti di IBM implementarono una modalità reale (e documentata) per poter utilizzare 16 colori contemporanei su dispositivi NTSC con ingresso video composito.
Tale modalità si abilita selezionando la modalità 640x200 monocromatica ed in seguito impostanto a 0 il bit due del registro di controllo della CGA (03D8h). Con tale configurazione, un'immagine monocromatica visibile su di un monitor RGB, come per magia si mostra ricca di colori se visualizzata sul televisore. Nello specifico, gruppi di 4 pixel in bianco/nero vanno a selezionare uno dei 16 colori della palette (nella figura successiva). Anche in questo caso la risoluzione effettiva risulta essere 160x200 (640/4=160).

(click per ingrandire)

Conclusioni

La diminuzione della risoluzione (in entrambe le modalità 160x200) e la leggera sfocature dell'immagine rendevano queste modalità non adatte all'utilizzo in applicazioni professionali ma molto appetibili in ambito videoludico. Putroppo le due modalità non ebbero la diffusione che si sarebbero meritata. Era infatti necessario disegnare due grafiche differenti (una per la modalità RGB e una per quella video composita) con il conseguente raddoppio dello spazio necessario a memorizzarla (e allora i floppy costavano!!). In alternativa era possibile adattare la grafica realizzata per la modalità RGB a quella composita eseguendo elaborazioni aggiuntive. Purtroppo, i primi PC,  che erano tutt'altro che dei mostri in termini di potenza di calcolo facevano un po' di fatica a digerire tale carico di lavoro extra (tenete in considerazione che non essendo previsto hardware ad-hoc per gestione di effetti grafici, come ad esempio la gestione degli sprite, tutta l'elaborazione era a carico della CPU).

Nonostante questo i risultati sono eccezionali (un elenco completo dei giochi che supportano la modalità composita lo trovate sull'ottimo Moby Games):

  • La primissima versione di King Quest I - Sierra On-Line (1983)


  • Burger Time - Mattel & Data East (1982)


  • Ms. Pac-Man - Midway Games & Atarisoft (1983)




Ahhh ... dimenticavo, per poter godere delle modalità video composite della CGA, è sufficiente editare il file dosbox.conf ed impostare machine=cga (sostituendo il valore di default, solitamente machine=svga_s3). Dopo aver lanciato in gioco se i colori non vi soddisfano (probabilmente il gioco si avvia in modalità RGB) , fatevi un giro in cerca della opzioni di configurazione e impostate composite come modalità video!!!

Buon divertimento!!!!

giovedì 7 ottobre 2010

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Prima dell'avvento dei videogames, il mercato dei coin-op era dominato dai flipper (o pinball) diabolici marchingegni, luccicanti e rumorosi, all'interno dei quali una pallina d'acciaio sbatteva e rimbalzava come impazzita sotto i colpi delle "alette" controllate dal giocatore (unica barriera tra voi ed il baratro).

Mai come in quegli anni giocare era una questione di stile, come dimostra il coattissimo Oscar (Carlo Verdone) nel film Troppo Forte di cui vi propongo questo spezzone (mitico!!!!).



Con l'avvento dei videogiochi e dei sistemi casalinghi (computer e console), di colpo era possibile giocare a casa agli stessi giochi (magari un po' ridimensionati) che avevamo apprezzato al bar. Il discorso si faceva più complicato nel caso dei flipper decisamente costosi ed ingombranti. Ma nulla sembrava in grado di fermare la rampante industria dei videogames di inizio anni '80: ecco quindi arrivare i simulatori di flipper, trasposizioni software della meccanica, dell'elettronica e della fisica che ne governano il funzionamento ... un'impresa tutt'altro che semplice.

Oggi voglio parlarvi di Night Mission Pinball pubblicato e sviluppato da SunLOGIC nell'ormai remoto 1982 per PC, Apple II, Atari 8bit e C64 ... senza dubbio uno dei primi simulatori di flipper a memoria d'uomo :o)

La confezione del gioco


Il gioco permette di utilizzare un unico "tavolo" ispirato alle gesta di un bombadiere in volo notturno: maggiore sarà il vostro punteggio maggiori saranno i danni inflitti dalla fortezza volante nel corso delle sue scorribante aeree. Come in ogni gioco di flipper, il punteggio aumenta colpendo gli elementi o percorrendo le rampe presenti sul tavolo; alcuni elementi, una volta abbattuti completamente, ad esempio i tre bersagli identificati dalle lettere F-L-Y (vedi immagini in basso), attivano i moltiplicatori di punteggio che trasformano ogni rimbalzo in un tripudio di punti. Il gioco permette a quattro giocatori di sfidarsi all'ultima bomba, alternandosi alla postazione di gioco.

Degni di nota sono la fisica della pallina decisamente realistica e la possibilità di agire su molti parametri che variano le caratteristiche della simulazione: ad esempio, è possibile variare la sensibilità del tilt (modalità in cui entra il flipper bloccandosi, quando un giocatore troppo "espansivo" scuote l'apparato per aumentare il punteggio o evitare di perdere la pallina), la potenza del colpo delle alette, l'inclinazione del tavolo, ecc (ci sono due schermate di parametri con cui sbizzarrisi!!).
Passando alle dolenti note, prima di tutto, va segnalata l'impossibilità di salvare i punteggi migliori, mancanza che a mio parere fa sciamare velocemente la voglia di continuare a giocare e rigiocare il titolo. La grafica ed il sonoro, come tipico dei titoli delle prima era videoludica del PC, sono abbastanza grezzi: i quattro colori della CGA e gracidio dello speaker interno fanno quello che possono per allietare le nostre sessioni di gioco ma il risultato non è proprio il massimo. In ogni caso, visti i tempi, non ci si può lamentare ed il titolo si lascia giocare piacevolmente, regalando un po' di sano divertimento e un buona sensazione di realismo. Insomma un titolo che fa da precursore alla ottime similazioni di flipper che giungeranno negli anni successivi (hai detto Pinball Fantasies??).

Il sistema di controllo è affidato all'inseparabile tastiera, con i due tasti shift per pilotare le alette, la barra spaziatrice per  "scuotere" virtualmente il flipper (occhio al tilt), il tasto Q per inserire le virtua-monte ed il tasto S per avviare la partita (da premere più volte per il multigiocatore).


 
Due immagini di gioco

Vi lascio con il solito video in cui ammirare la mia performance (a dire il vero non entusiasmante)

domenica 3 ottobre 2010

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Come avrete letto dalla scritta che fino a domani campeggerà al di sotto del titolo del Blog, alcuni membri della redazione di Re.BIT (tra cui il sottoscritto!!) hanno approfittato del Video Games History 2010, tenutosi a Monza il weekend del 2-3 Ottobre, per incontrarsi. Colgo la palla al blazo per porre fine ad un lungo periodo di silenzio, dettato da impegni di lavoro, che mi ha allontanato da voi, fedeli lettori. :o)




Ho pensato a lungo all'approccio da adottare per questo pezzo. Dopo una lunga riflessione, ho deciso di non soffermarmi troppo sulle meraviglie retroludiche che ho avuto modo di ammirare negli stand della manifestazione (per questo preparerò un post in seguito) ma, di concentrami sulle innumerevoli soddisfazioni a livello personale che vivere questo evento mi ha procurato ... questo tipo di sensazioni deve essere raccontato subito, prima che il ricordo si affievolisca, finendo pian piano in uno dei cassetti delle memoria. Spero che leggere questo pezzo possa dare a voi lo stesso piacere che ha dato a me scriverlo ... buona lettura.

Prima di tutto, recarmi a Monza in una uggiosa giornata di inizio autunno, mi ha permesso di conoscere personalmente i "soggetti" con cui condivido l'impresa hobbistioco-giornalistica che è Re.BIT, una pubblicazione amatoriale dedicata al retrogaming. E così, appena entrato nella sala occupata dello stand di Retrogaming History, mi imbatto negli oscuri figuri che fino ad allora avevo conosciuto unicamente tramite chat, email ed i loro profili Facebook. Finalmente eccoci qui, tutti insieme, a stringerci la mano, a darci pacche sulle spalle ed a scattare la foto di rito che con orgoglio vi propongo.

I membri della redazioni di Re.BIT riunitisi al VGH 2010

Da sinistra verso destra (ognuno con in mano una copia cartacea di Re.BIT stampata per l'occasione), il sottoscritto Luca "Tex" Tessitore, Francesco "Gekido" Ugga e Robert "Wopr" Grechi. Un piemontese, un napoletano ed un milanese (sembra una barzelletta) uniti dalla passione e da un sentimento di amicizia che supera le barriere geografiche!! Grazie amici :o) Spero di non essere stato troppo melenso ma, per me, è stato veramente bel momento!!!

Bene ... dopo essermi ripreso dallo shock di questo primo incontro mi volto e mi trovo di fronte uno dei miei miti di gioventù, uno dei personaggi più rappresentativi della storia videoludica italiana ... Bonaventuara "BDB" Di Bello. Per chi non lo conoscesse vi dico solamente che BDB fu probabilmente il primo autore di avventure testuali per home computer (ZX Specturtum, C64 ed MSX) dell'italico stivale ed il "creatore" della nostrana stampa specializzata in videogames (ZZap!, TGM) con alcune divagazioni sull'informatica più seriosa (GigaByte). Insomma un personaggio di tutto rispetto che ogni buon retrogamers dovrebbe conoscere per poter dire di non essere vissuto invano (ho esagerato??). Bene, riavutomi dallo shock (il secondo nel giro di pochi minuti!!), mi avvicino, gli stringo la mano e lui mi abbraccia come fossimo vecchi amici (a dire il vero non mi ricordo se l'abbraccio fu reale o solo un mio sogno, ma è stato bellissimo lo stesso!!). A questo punto, consacrata la nostra amicizi lo invito a scattare la foto di rito che potrete ammirare pochi pixel più in basso ...

Io e BDB

Per quanto mi riguarda posso dire che BDB è esattamente così come traspare da questa foto, una persona disponibile ed alla mano che ha imparato a convivere con schiere di ormai attempati, trentenni e quarantenni, che vedono in lui quello che da ragazzini avrebbero voluto essere. Grazie BDB!!

Sopravvissuto alle forti emozioni dei primi momenti, abbandono per un po' la cricca per andare a curiosare tra i vari stand della manifestazione. Mi fermo allo stand in cui era in vendita il libro Vintage Games (la bibbia per gli amanti di videogames, che in seguito acquisterò dopo la roccambolesca ricerca di un bancomat di cui vi risparmio i dettagli) ed ecco che mi imbatto in Paolo Besser altro storico membro della redazione di ZZap! e TGM. Inizialmente l'incontro un po' mi spiazza perché Paolo è reticente di fronte al mio entusiasmo e alla mia richiesta di scattare un foto con lui. A spiazzarmi fu soprattutto la "timidezza" di uno dei personaggi più ironici della storia della stampa videoludica a cui si deve, in collaborazione con Davide Corrado, la più irrriverente e demenziale fanzine dedicata all'informativa ed ai videogames: Bovabyte che raggiunse il meritato successo grazie alla sua presenza quasi fissa su ZZap! e TGM. I miei dubbi iniziali furono spazzati via, come d'incanto, dall'intervento di Paolo alla conferenza conclusiva (di cui vi parlerò più avanti) in cui diede spolvero della sua passione e della sua personalità!
Nonostante l'iniziale reticenza, la foto è stata scattata da un impavido volontario che tutti insieme ringraziamo per l'immagine sottostante ...

Io e Paolo Besser

Dopo questo ennesimo cimelio ero ormai peggio di un grupie impazziata che vagava in cerca dell'ennesima vittima del suo fanatismo. E gira che ti rigira, nel bar in cui mi ero recato per farmi forza con un caffè corretto Sambuca vedo entrare BDB con Stefano Gallarini ... avevo la mia prossima vittima nel mirino ...

Stefano, dei personaggi che ho incontrato nel corso della manifestazione, è probabilmente uno dei più noti al di fuori delle cerchia dei feticisti dei videogames e dell'informatica d'annata in quanto, la sua carriera, iniziata come redattore ed in seguito direttore di ZZap! e TGM, lo ha portato a diventare un apprezzato conduttore televisito e radiofonico ("Il riposo del guerriero" ogni domenica alle 11 su Ragio 24 ... un po' di pubblicità gratis non fa mai male, e poi Radio 24 è una delle mie preferite). Ache Stefano mi dimostra tutta la sua pazienza ed il fatto che, questa è la mia sensazione, in fondo, il ragazzo che tanti anni fa intraprese la carriera che tutti noi lettori avremmo voluto intraprendere, alberga ancora dentro di lui. Grazie Stefano!!

Io e quel gran bel figliolo di Stefano Gallarini


Amici, l'articolo volge al termine ma prima di concludere vorrei spendere alcune parole sulla conferenza che ha chiuso la prima giornata del VGH 2010 ... per quanto mi riguarda il momento clou visti i relatori che l'hanno animata.


Gli speaker della conferenza conclusiva della prima giornata del VGH 2010 (da sinistra): Federico "Wiz" Croci, Federico Salerno, Stefano Gallarini, Bonaventura di Bello, Paolo Besser, Carlo Santagostino e William Alessandro Baldaccini

Cito brevemente le tematiche trattate ...

La conferenza inizia, per ovvi motivi, con l'intevento di Bonaventura Di Bello che appassiona la platea con il racconto della sua discesa in campo (oggi si usa dire così) nel mondo della programmazione e dell'editoria videoludica. Per me è stato veramente emozionante ascoltare i suoi ricordi legati alla programmazione su ZX Spectrum; faccio il programmatore da una vita ma, quando ho iniziato a scrivere codice i computer erano già dotati di tastiere degne di tale nome :o)
La parola passa quindi a Stefano che anni addietro raccolse il testimone di BDB alla guida di ZZap! e TGM. Bellissimo il racconto riguardo al suo ingresso in redazione (in buona sostanza fu assunto per evitare che continuasse a telefonare a BDB per alcuni bug presenti nelle sue avventure ... semplifico un po' ma il senso è quello) e del "cuore" che cercava nei redattori delle sue testate che contribuì a fare di queste le più amate dai ragazzi italiani :o)
Giunge quindi il turno dei Paolo che, con il suo intervento, ripercorre l'ingresso di BovaByte nelle riviste Xenia (storica casa editrice di ZZap! e TGM) e raccoglie consensi con il progetto Aros, di cui è promotore nella sua "battaglia" per preservare e rendere disponibile liberamente il buon vecchio Amiga OS (adattato ai moderni sistemi PC). William Baldaccini, dopo aver raccontato la sua esperienza in ZZap! e TGM in cui, insieme al fratello, era costretto a recensire i "mattoni" videoludici (simulatori di volo, giochi di ruolo, strategici a turni) si lancia in un'aspra critica dei moderni videogames ormia tutti uguali e privi d'anima ed innovazione.
La parola passa quindi a Carlo Santagostino, che dopo averci raccontato la sua esperienza di programmatore di videogames negli anni d'oro degli 8 bit, spiega ai presenti come l'assenza, in Italia, della tutela del copyright sui videogames, fino all'inzio degli anni '90, abbia in pratica relegato il bel paese all'essere di fatto, a parte poche eccezioni, escluso dal moderno mercato dei videogiochi ... un intervento veramente interessate.
Chiude la conferenza Federico Croci, responsabile marketing di Simulmondo che tra aneddoti e ricordi ripercorre alti e bassi di una delle realtà di successo del mercato videolutico nostrano. Fantastico il racconto sul sistema di protezione di "Basket Manager" che, in caso di versione non originale, disponeva i giocatori della squadra avversaria in formazione "teschio con tibie" impedendo di completare il gioco ... grandioso!!!!

Eccoci giunti alla fine di questo speciale dedicato al Video Games History 2010: mi rendo perfettamente conto di non essere stato un buon cronista soffermandomi sulle mie personali emozioni, trascurando l'aspetto più tecnico dell'evento ... ma in fondo è proprio questo il bello di avere blog ... alla prossima ...

Se volete vedere le altre foto dell'evento, consultate il mio album su facebook.

Un piccolo aggiornamento per linkare il reportage dal VGH 2010 del mio amico e compagno di avventure retroludiche WOPR ... buona lettura :o)