giovedì 14 giugno 2012

Print

Ogni sistema ha avuto un gioco che ha segnato indelebilmente la sua storia ... non mi sento sufficientemente preparato per esprimermi sulle piattaforme diverse da quelle a cui questo blog è dedicato, lascio spazio per questo a voi che mi leggete nei commenti, ma credo di poter affermare con un certo grado di sicurezza che DOOM è stato, per decenni, indissolubilmente legato all'immaginario dei videogame per PC.
La id Software, fondata da John Romero, John Carmack e Tom Hall, dopo il successo ottenuto con Wolfenstein 3D, decide di lasciare l'ala protettiva della Apogee Software per mettersi in proprio e dar libero sfogo alla propria creatività. Mentre la maggior parte del team è dedita alla sviluppo di Spear of Destiny, versione da scaffale delle avventure di B.J. Blazkowicz, John Carmack è libero di dedicarsi alla sviluppo di un nuovo motore grafico in grado di superare i limiti del precedente. Abbandonata la tecnica del ray-casting, lo sviluppatore decide di abbracciare il metodo della partizione binaria dello spazio (BSP, Binary Space Partition) per arricchire l'esperienza ludica. Arrivano così differenti altezze per le varie zone dei livelli, texture su tutte le superfici (compresi quindi soffitto e pavimento), luminosità variabile all'interno delle stessa stanza, pareti con angoli non retti e ondeggiamento dell'arma durante il movimento del personaggio. Benché alcune di queste possano sembrare innovazioni di poca importanza, permisero di donare al gioco un level-design ricco di ascensori, ponti mobili, strutture in movimento, interruttori per accendere e spegnere le luci, ecc.
Il motore grafico, in versione preliminare, viene concesso in licenza alla Raven Software (sancendo di fatto una collaborazione che durerà a lungo) per la realizzazione di Shadowcaster, un buon action-RPG che sa farne trasparire le potenzialità. Diciamo pure che il buon giorno si vede dal mattino ma, vi assicuro che eravamo ben lungi dai botti che sarebbero giunti di li a poco. Sia ben chiaro, l'engine non è ancora "realmente tridimensionale" ma il risultato finale, almeno nel 1993, era assolutamente eccezionale.

 
Sangue ovunque e corpi impalati ... benvenuti all'inferno!!

Nel gioco vestiremo i panni di un marines spaziale deportato su Marte per aver aggredito un suo superiore che gli ordinava di sparare su dei civili disarmati. Costretto a prestare servizio per la Union Airspace Corporation, il protagonista viene inviato ad indagare su un terribile incidente avvenuto durante un esperimento di teletrasporto tra le due lune marziane Phobos e Deimos. Dai varchi dimensionali aperti dagli scienziati, hanno iniziato a materializzarsi creature spaventose che in breve hanno seminato panico morte nella base di Phobos. Molto peggio vanno le cose per Deimos che letteralmente sparisce nel nulla con tutto il personale residente. Atterrati nei pressi della base di Phobos, mentre la squadra inizia l'esplorazione, veniamo lasciati al di fuori dell'edificio per mantenere i contatti con il comando. Di li a poco i contatti con il il gruppo si interrompono ... entriamo nello stabile e tutto intorno a voi i corpi dilaniati dei vostri compagni! Ora siamo soli ...

Sicuramente non ci troviamo di fronte ad una trama da Oscar, ma c'è tutto quello che serve per incuriosire ed invogliare a giocare. Inoltre la id Software ci aveva già fatto conoscere le sue doti con Wolfenstein 3D e quindi, nel bene e nel male, i giocatori già sapevano cosa aspettarsi ... credo però che nessuno si sarebbe mai immaginato uno spettacolo del genere.
Bastano infatti i primi secondi di gioco per esaltarsi oltre ogni limite: la musica heavy-rock inizia a fluire dalla casse, ed il realismo con cui viene reso il l'ondeggiare del campo durante l'avanzata è assolutamente da urlo. La prima stanza è vuota e servirà per capire come muoversi e raccattare qualche munizione ed un paio di potenziamenti, ma sarà sufficiente spalancare la prima porta per venire assaliti da zombi e altre infernali creature. E man mano che si avanza è tutto un susseguirsi di texture mozzafiato (vabbé ... considerate i venti anni che sono passati), di scale, di ascensori e di passaggi segreti ... credo di poter affermare che, anche girare per i livelli senza dover combattere possa essere fonte di divertimento. Detto questo, il gameplay è rimasto più o meno quello di Wolfenstein 3D anche se, debbo ammettere che l'ambientazione fantascientifica, i nemici demoniaci e le armi decisamente "sborone" (come non citare la motosega o la mitica BFG, Big Fucking Gun) rendono il tutto più divertente!

 
Motosega e Big Fucking Gun, le armi migliori di DOOM

Anche DOOM, come tutti i titoli della id Software, viene rilasciato inizialmente in versione shareware: il primo episodio, Knee-Deep in the Dead, viene infatti distribuito in modo completamente gratuito e giocabile senza limitazioni. Di li a poco sarebbero stati resi disponibili, questa volta a pagamento, i successivi due episodi, Shores of Hell e Inferno, che, oltre a regalare altre ore di sano divertimento, portava il gioco e la trama alla sua naturale conclusione. Il gioco viene distribuito intorno alla mezzanotte del 10 dicembre 1993, tramite il server FTP dell'Università di Wisconsin-Madison; il numero di tentativi di download è tale che dopo pochi minuti il sistema va in crash! Anche se non esistono dati ufficiali, si stima che l'episodio shareware fu scaricato più di un milione e mezzo di volte nei suoi primi cinque mesi di distribuzione... mica male :o)
A fare di DOOM un successo fu, inutile negarlo, in buona parte la massiccia dose di violenza che lo caratterizzava ... come sempre succede fioccarono polemiche a non finire ed il gioco in Brasile fu addirittura dichiarato fuori legge e ritirato dai negozi. Per quando mi riguarda si trattò di una assurda esagerazione che come sempre accade, invece di affossare il gioco lo fece diventare ancora più famoso ... e poi diciamocelo non è che uno può diventare un'omicida psicopatico solo per aver giocato ad un videogioco ... quanto perbenismo!!!!
In realtà, a creare malessere nelle lunghe sessioni di gioco non era tanto l'infierire con ogni mezzo sui nemici (e poi che rimorsi può creare sparare con la doppietta ad una Cacodemon? la palla rossa con i dentoni ed un unico occhio) ma quello che fu dopo poco battezzato "mal di DOOM". Dovete infatti sapere che, quando ancora non si erano diffusi gli anticorpi opportuni,partite prolungate potevano causare nausea e leggeri giramenti di testa, una sorta di mal di mare dovuto all'ondeggiamento dello schermo di gioco durante l'avanzata. Probabilmente, rispetto a titoli che sarebbero arrivati, tale animazione era un po' "esasperata" ma vi assicuro che era proprio così e anche io alcune volte ne rimasi vittima (la sensazione è più o meno quella che si prova a bordo di un barca ferma sul mare leggermente mosso ... non è come essere nel mezzo di una burrasca ma un fastidio un po' lo da).

 
Un "idilliaco" scorcio di Phobos - L'architettura dei livelli è assolutamente eccezionale

Tornando a parlare più dettagliatamente del gioco, non posso esimermi dal citare: le splendide colonne sonore create dal grande Bobby Prince (ispirate ai grandi della musica heavy-metal come Metallica e Slayer), l'ottimo level-design frutto della fantasia dello stesso John Romero e degli altri mezzi del team, la grafica succulenta basata su modelli reali sia per le texture che per buona parte degli oggetti (le mani del protagonista sono del grafico Kevin Cloud, la motosega è una Eager Beaver della McCulloch, il fucile e la pistola sono invece due armi giocattolo, e così via).
Anche il reparto degli effetti sonori (fatto di grugniti, botti, urla e spari di varia fattura) è molto ben curato ... e se giocando avrete le sensazione di aver già sentito quel particolare campione, beh sappiate che non vi state sbagliando in quanto, tutti gli effetti sono tratti dalla libreria royalty-free, Sound Ideas General.
Il sistema di controllo riprende pari pari quello di Wolfenstein 3D che già era ottimo: rimane quindi la possibilità di controllare il marine solo con la tastiera o con quest'ultima in combinazione con il mouse. Non essendo necessario prendere la mira con precisione (basta posizionare la bocca di fuoco nella direzione del nemico per colpirlo) ce la si fa a giocare solo con la fida tastiera ma, iniziare a prendere confidenza con il sorcio per approcciare gli FPS non è idea malsana. Chiudo questa carrellata con i cinque livelli di difficoltà, da I'm too young to die a Nightmare! (e mi pare che i nomi dicano tutto), e con gli obiettivi che dovrete centrare per raggiungere il massimo della valutazione: uccidere tutti i nemici, raccogliere tutti gli oggetti e scoprire tutte le locazioni segrete presenti nel livello (per essere completi vi segnalo che ogni episodio è composto da otto livelli più uno bonus raggiungibile da un ingresso nascosto).

Un altro trittico di "argomenti" che contribuirono al successo di DOOM furono l'automapping, il multiplayer e la modificabilità pressoché totale del gioco.

Chi come me ha amato gli RPG alla Dungeon Master, ha passato intere nottate a imbrattare fogli di carta (mai abbastanza grandi) per tracciare le mappe dei dungeon ... bene, muoversi tra gli enormi livelli per completare al massimo ogni obiettivo, sarebbe assolutamente improbo senza il comodo servizio di automapping che Romero e soci ebbero la bontà di  inserire nel gioco.

 
Con livelli così complessi, l'automapping è veramente gradito (in rosso le aree già esplorate) - Al termine di ogni missione verrà visualizzata la mappa dell'episodio e i grado di completamento dei diversi obiettivi (notate il tempo di par per il primo livello ... 30 secondi!!)

 DOOM fu uno dei primi titoli a offrire una modalità multiplayer. In rete locale su Ethernet IPX era possibile creare partite con fino a quattro giocatore mentre, in collegamento diretto tramite modem o con cavo null-modem su porta seriale era possibile giocare in due. Due le modalità di gioco previste: cooperativa in cui i giocatori collaboravano per concludere il livello, e deathmatch (termine ormai di uso comune che viene coniato con l'avvento di DOOM) dove i giocatori si scontrano tra loro. Per facilitare la creazione di partite multigiocatore, venne addirittura creato un servizio, DWANGO (Doom Wide-Area Network Gamer Organization!), che permetteva agli appassionati, al modico prezzo di una telefonata in Texas, di mettersi in contatto e organizzare sfide all'ultima capsula di plasma!

A completare l'elenco delle chicche, abbiamo la totale apertura del titolo verso modifiche ed estensioni. Se già ai tempi di Wolfenstein 3D la id Software si era ingegnata, affinché gli appassionati oltre che a giocare potessero collaborare a rendere il gioco più bello, con il nuovo titolo, soprattutto per volontà di Romero fautore dell'open-source, si erano impegnati al massimo per rendere questo aspetto, allora considerato marginale, altrettanto appetibile quanto il gioco stesso. E così a breve dall'uscita del titolo iniziano a diffondersi utility che permettevano di cambiare le texture o alterare le caratteristiche di mostri ed armi. Con il passare dei tempo arrivano poi dei veri e propri editor che permettono di realizzare livelli aggiuntivi (i famosi WAD dall'estensione omonima dei file) e vere e proprie total-conversion ... tra le più famose, Doom Alien TC, ambientato nell'universo del primo AlienBatman Doom e Marine Doom sviluppato nientepopodimeno che dal corpo dei marines degli Stati Uniti per l'addestramento delle truppe.

 
Due immagine tratte da Doom Alien TC

Bene, credo proprio che sia arrivato il momento di chiudere, ho scritto veramente molto e abusato a sufficienza della vostra pazienza. Concludo ringraziando ancora una volta la id Software per averci regalato questo videogioco entrato ormai nella storia ... "clone di DOOM" è stato per anni  il termine utilizzato per indicare gli FPS, parole come deathmatch e total-conversion sono state coniate grazie a questo titolo, da DOOM in avanti il multiplayer diviene un aspetto importante del videogiocare ... se questo vi sembra poco fateci una partita, rapisce oggi come allora (potete scaricare il primo episodio di DOOM al seguente indirizzo).

A voi il filmato ...


martedì 5 giugno 2012

Print
I primi anni '80, dal punto di vista video-ludico, furono una vera e propria Babele. C'erano tali e tanti sistemi da gioco che, sia per i giocatori che per gli sviluppatori, era difficile decidere su quale investire: le console (2600 e 5200) e gli home-computer (400 e 800) di Atari, il piccolo Commodore VIC-20, il TI-99/4A delle Texas Instruments, l'Apple II, il Colecovision, il BBC Micro (commercializzato dall'omonimo broadcaster inglese), il TRS-80 di Radio Shank (famosa catena americana di elettronica di consumo), l'Aquarius e l'Intellivision della Mattel, lo ZX Spectrum, sua maestà il Commodore 64 ed il PC che, proprio in questo marasma, iniziò a muovere i suoi primi passi. L'avvento dei sistemi a 16-bit, portò un po' d'ordine ... tre home-computer (Amiga, Atari ST e PC) e due console (Megadrive e Super Nintendo) ... ma è innegabile che la prima metà degli anni '80 fu un vera e proprio fucina di idee e di sperimentazione (sia per quando riguarda l'hardware che il software).

In quegli anni di fermento, Bill Hogue (qui a fianco in una foto di gioventù) e Jeff Konyu decidono di sfruttare la loro conoscenza del TRS-80 per realizzare videogame. Nascono così la Big Five Software e alcuni dei suoi primi titoli: Super Nova, Attack Force, Defence Command ... si trattava, come spesso accadeva in quel periodo, di cloni, più o meno spudorati, di giochi da sala come Asteroids, Missile Commando, ecc. Le cose vanno decisamente bene ai due giovanotti ma, credo che nessuno di loro si sarebbe mai immaginato quello che di li a poco li avrebbe letteralmente travolti: Bounty Bob stava per arrivare. Programmato inizialmente per Atari 800, per poi approdare su vari sistemi, Miner 2049er narra di Bounty Bob, membro della Royal Canadian Mounted Police (la polizia a cavallo ... anche se di cavalli nel gioco non se ne vedono), e della sua missione esplorativa nelle miniere di uranio dello Yukon. I giacimenti sono completamente infestati da creature mutate a causa delle radiazioni, e debbono essere bonificati per riprendere l'estrazione del prezioso minerale. Bob dovrà quindi inabissarsi nel sottosuolo (per ben dieci livelli), in un misto di esplorazione, raccolta di oggetti e disinfestazione!

 
Il primo livello scorre via senza troppi traumi ma già il secondo, con i suoi "simpatici" scivoli vi darà del filo da torcere

Miner 2049er  riprende lo schema di gioco proposto da Donkey Kong estendendolo sia nel numero di livelli che nel gameplay. Come ho già detto i quadri sono ben dieci, numero che fa sicuramente la sua bella figura rispetto ai quattro, spesso e volentieri ridotti a tre nelle conversioni domestiche, del titolo Nintendo. Il gameplay risulta molto più ricco, grazie all'introduzione di trabocchetti, ascensori, teletrasporti, piattaforme mobili, scivoli e molto altro. Anche il meccanismo che vi permette di superare il livello, ossia calpestarlo completamente, aggiunge una maggiore strategia visto che per riuscirvi al meglio, sarà necessario raccogliere tutti i tesori, eliminare tutti i nemici e fare tutto ciò nel minor tempo possibile.

 
Il terzo livello e suoi ascensori (pigiare il numero del piano per essere "trasportati") ed il quinto con le sue piccole piattaforme che vi costringeranno a balzi di precisione (cadere da troppo in alto è deleterio!!)

Il successo fu incredibile e portò nella tasche dei due giovanotti un montagna di dollaroni, tanto da farne i primi giovani milionari nella storia dei videogiochi. A contribuire al successo, e all'arricchimento, della Big Five Software, fu anche l'innovativa politica di licensing adottata per le svariate conversioni; l'originale Bounty Bob venne infatti ceduto in licenza a diverse software house che si occuparono del porting, corrispondendo un'adeguata royalties ai due ideatori. Questa idea permise al titolo, sia di arrivare praticamente su ogni piattaforma ludica, sia di dare, spesso e volentieri, il meglio in ogni sua incarnazione visto che, chi si occupava della conversione, sapeva ben sfruttare la macchina di destinazione.

L'articolo del National Enquirer che tesse le lodi della Big Five Software (clicca per ingrandire)

La versione PC viene curata dalla Micro Fun che riesce a riproporre, con ottimi risultati, l'irresistibile divertimento del titolo originale. Come avrete notato dagli screen-shot, la grafica CGA è al solito alquanto psichedelica (soprattutto i livelli in cui è il magenta a farla da patrone) ma, se vi fate un giro per la rete, vi renderete conto che, anche sui sistemi concorrenti, non è che le cose sia tutte rose e fiori... la versione Colecovision è probabilmente la più colorata, ma è comunque cubettosa e grossolana. Ma in quegli anni non si badava più di tanto alla grafica, bastavano tre o quattro pixel disposti con maestria a farci immaginare un cavaliere senza paura o uno spaventoso drago. Lo stesso discorso si può estendere anche al sonoro fatto dei soliti "gorgheggi" magistralmente sintetizzati dal mai abbastanza amato pc-speaker (sono stato sufficientemente ironico?!?!) ... in ogni caso, "O mia cara Clementina", nella schermata dei titoli, sa strappare un sincero sorriso :o)

Insomma, Miner 2049er è il classico gioco degli anni '80 ... pochi fronzoli e tanta, tanta giocabilità!! E non è un caso che la versione per gli ormai onnipresenti iDevice, si sia guadagnata diversi riconoscimenti alla sua uscita nel 2007.

Prima di lasciarvi ad un breve filmato mi congedo con due curiosità:
  • per far saltare il personaggio dovete utilizzare il tasto ESC (ma come gli sarà venuto in mente!!)
  • il titolo del gioco, gioca, (scusate il bisticcio) sul soprannome affibbiato ai cercatori d'oro della California di metà 1800: i Miner 49er
Alla prossima ...